Serena Abrami
Di Imperfezione
(Nufabric)
pop
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“Il secondo album è sempre il più difficile, nella carriera di un artista…”, così cantava il buon Caparezza e niente di più vero esprime questa canzone del 2003. Eh già, perché se con un primo disco ci si può accaparrare una buona fetta di pubblico e critica, con il secondo, si rischia sempre di cadere in errore ed in confusione. Ed è quello che è successo a Serena Abrami, talentuosissima ragazza marchigiana classe 1985 che se con il suo primo disco del 2011, Lontano da Tutto, aveva fatto male, con Di Imperfezioni, ha fatto anche peggio.
Una pausa lunga cinque anni, cinque anni nella quale la cantautrice che partecipò prima a X Factor e poi a Sanremo, ha studiato, ha viaggiato, ha fatto nuove esperienze che ha riportato, musicalmente, in questo suo nuovo lavoro.
Bene l’impegno, bene le influenze e gli stili diversi, ma forse, cara Serena, avresti dovuto impegnarti un po’ di più.
Il disco non è male, gli arrangiamenti sono bellissimi, grazie anche alla collaborazione con Ale Bavo e Filo Quaglia.
Si percepisce molto il fatto che questo disco sia stato pensato e studiato per diverso tempo, si capisce che Serena e i suoi fidi musicisti, (Enrico Vitali alle chitarre e al basso, Mauro Rosati al pianoforte, ai synth e al basso e Marcello Piccinini alla batteria), abbiano svolto un duro lavoro ma alla fine, questo disco, non convince.
Non convincono i testi, stesi insieme allo scrittore torinese Luca Ragagnin e al fermano Francesco Ferracuti ma soprattutto, ciò che convince di meno, è questa mescolanza di stili che non si sa dove voglia andare a parare.
E così, anche la prediletta di Ivano Fossati, si perde in un bicchier d’acqua; la voglia di strafare ha preso il sopravvento e non ha portato a nulla di buono… Di Imperfezione insomma, di nome e di fatto!
Perché sperimentare è giusto, ma andrebbe fatto con una certa logica.
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