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Sebastian Bach: recensione di Child Within The Man

Da circa 30 anni Sebastian Bach non è più la voce degli Skid Row ma vorrebbe tanto tornare nella band, nel frattempo con Child Within The Man la grande ugola bionda continua a comporre album solisti arrivando a quota 5 full-lenght.

Sebastian Bach

Child Within The Man

(Reigning Phoenix Music)

hard Rock, heavy Metal

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Sembrerebbe che Child Within The Man sia un buon disco, e in parte lo è per i continui volumi delle chitarre a palla, riffoni vibranti e la voce al tritolo del singer Sebastian Bach, originario delle Bahamas. In questo album suonano in tracce separate personaggi come John 5 (Motley Crue), Orianthi (Michael Jackson, Sambora), Steve Stevens (Billy Idol) e Myles Kennedy (Slash) che gli firma una granitica What Do I Got To Lose.

Sia chiaro, un CD che parte sparato con Everybody Bleeds, la grintosa Freedom (coadiuvata da un divertente video forse un po’ troppo orecchiabile) e che prosegue con pezzi che picchiano duro, molto duro, come Hard Darkness, F.U. e Vendetta, non può non lasciare indifferenti: Bach non ha mai smesso di torreggiare sul palco fin dai tempi di Angel Down. Infatti con i musicisti sopracitati il disco regge abbastanza bene, spinge, percuote, fa anche godere. Quindi cosa c’è che non va?

Chiarendo che è sempre un piacere ascoltare ogni uscita discografica di Sebastian e degli Skid Row (che con Gronwall alla voce si sono ripresi alla grande, per non parlare della sua sostituzione con una grandiosa Lzzy Hale degli Halestorm per motivi di salute del nuovo singer), resta l’amaro in bocca di non avere più ritrovato un pezzone iconico dopo l’uscita dalla band del New Jersey. Soprattutto a livello di ballad, io e le charts mondiali non ricordiamo in tutti questi anni di pubblicazioni discografiche (anche da parte Skid Row) un brano alla I Remember You, 18 & Life, Wasted Time o In A Darkned Room. Infatti l’unico lentone di questo album, To Live Again, non incide come sperato.

Il brano con Orianthi, Future of Youth, risulta granitico e melodico insieme, come altre canzoni in linea con quel modern metal dettato dall’industria musicale del momento. In questo disco il brano che dimostra più carattere è (Hold On) The Dream, che illude l’inizio da struggente ballad, sfogandosi con potenti screaming e power chord, fin al sopraggiungere di un discreto assolo. Pare poi restare inchiodata su se stessa quando avrebbe potuto aggiungere un’ulteriore variazione compositiva. Anonime Crucify Me e non male About The Break, che ne dici di osare un pochino di più al prossimo giro, Seb?

Non che avessi grasse aspettative per questo disco, che rimane più che dignitoso e migliore tra quelli pubblicati dopo il debutto solista, e non si può dire che si sia esaurita la vena musicale per il buon Sebastian a 10 anni dall’ultimo album, assemblando insieme ai suoi buoni amici tanta tecnica vocale, impeto metal e sudore da palco. Ma con le capacità vocali, le risorse e gli artisti che hanno dato un contributo, ci poteva essere spazio per qualcosa di imperdibile. Ma non lamentiamoci.

Facebook: sebastianbach

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Luca Paisiello
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