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Republica: Brutal & Beautiful

I ragazzi venuti dal Brasile: il quintetto dei Republica al quarto album tra grunge e alternative rock. Un cambio di marcia davvero necessario?

Republica

Brutal & Beautiful

(Odyssey Music Network)

alternative rock

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recensione Republica- Brutal & BeautifulDa São Paulo do Brasil arriva il quarto lavoro dei Republica (da non confondersi con l’omonima band brit-pop anni ’90), formazione in piedi dal 1996 che con Brutal & Beautiful si affida alle mani capaci di Matt Wallace, già produttore di Faith No More, Maroon 5, Deftones, R.E.M. e Train. Quindi è chiaro quanto la band nel trasferirsi al Sound City Center di Los Angeles per la registrazione di questo album desiderasse mettersi decisamente in gioco per fare il salto internazionale con un disco dai contorni grunge e alt rock, investendoci tantissimo.

La band gode di una discreta fama in terra verdeoro che, oltre ad una folta scuola di musica cantautorale, ha dato i natali a band dal metallo pesante come Sepultura e Angra, loro concittadini, e hanno suonato per la terza volta al recente Rock in Rio. Il sound di questo Brutal & Beautiful è di un’ordinaria semplicità che si rileva tanto negli arrangiamenti quanto nelle linee melodiche, le 11 canzoni sono piuttosto omogenee, certo talvolta provano ad alzare il tiro come l’opener Black Wings o One Left In The Chamber, quest’ultima un po’ troppo lineare a dire il vero, ma senza essere particolarmente rumorosi ed ossessivi.

L’episodio più curioso lo troviamo in Endless Pain, brano blues rock pompato di distorsore dove abbiamo echi Audioslave in quell’assolo alla Tom Morello, ma non mancano ballad lente e struggenti (Everything e Tears Will Shine) che si rifanno al classic rock americano. Mi convince poco la voce di Leo Beling perché non esalta i brani dell’album, mentre i riff di LF Vieira non sono così encomiabili facendo solo mestiere.

Tagliando corto, sembra che loro abbiano voluto compiere un percorso divrso, anche più melodico, dove non manca caratterizzazione, o un marchio di fabbrica che dici “ecco, questi sono i Republica”, sebbene si intraveda qualcosa proprio nel brano di chiusura dell’album. Visti gli intenti, mi sarei aspettato un lavoro più ambizioso, senza per forza parlare di sperimentazione, e i Republica non hanno confermato le potenzialità che hanno dimostrato invece in Point of No Return, il loro precedente potente album, decisamente di ben altro tenore, soprattutto per quanto riguarda i soli e la dinamicità dei pezzi, quasi che quel voler uscire dai confini nazionali li abbia invece penalizzati.

 

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Luca Paisiello
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