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Rammstein: Untitled

Dopo dieci anni dall’ultimo album in studio, i Rammstein tornano con un disco che sembra proseguire, senza infamia e senza lode, il discorso interrotto con Liebe ist für alle da.

Rammstein

Untitled

(Universal)

industrial, metal

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rammstein-recensione-cd-2019Se siete stati giovani negli anni ’90, non potete non sapere chi sono i Rammstein. Perché anche l’allora lungimirante MTV si era accorta di loro, passando il video di Du hast in heavy rotation e gettando le basi per la conquista degli States.

Politicamente scorretti, troppo espliciti e sopra le righe, sono la band tedesca che ha ottenuto più successo oltreoceano. Merito non solo della loro musica, ma anche degli incredibili e pirotecnici live che registrano ogni volta il sold out.

Passati indenni allo scorrere del tempo e alle mode, grazie soprattutto al loro particolare genere musicale, tornano finalmente alla ribalta con l’uscita del settimo disco in studio, dopo oltre 10 anni di silenzio (se si escludono live e documentari).

Anticipato dal singolo Deutschland, Untitled riprende il discorso lasciato a metà con Liebe ist für alle da, riportando in auge un genere che è da sempre il marchio di fabbrica della band. Quello che lo stesso tastierista Flake Lorenz, in una delle prime interviste, ha definito Tanz metal (dance metal), a sottolineare il connubio tra suoni techno danzerecci e la durezza del metal.

Stesso discorso per i testi. Da sempre criticati per le tematiche e le modalità con cui venivano trattate, i Rammstein sembrano essersi lasciati alle spalle un po’ di quella perversione/provocazione del passato.

L’album si apre con Deutschland, accolta molto bene dal pubblico, anche grazie al video epico e documentaristico che la accompagna, una celebrazione del rapporto antitetico che da sempre il gruppo ha con la madrepatria.

Nella tracklist spuntano Zeig dich, che con la sua parte corale crea uno strano mix di inquietudine e solennità; Puppe, un pezzo più recitato che cantato, che richiama lo Sprechstimme, tecnica usata da Lindemann che consiste nel pronunciare le parole in modo particolare per ottenere determinati effetti drammatici. E ancora l’ipnotica Was ich liebe, che sembra attirarti nella tela del ragno di ‘Curiana’ memoria e Diamant, pezzo voce e chitarra molto profondo.

Untitled non toglie e non aggiunge niente alla discografia dei Rammstein. Di certo riporta l’attenzione su una band da troppo fuori dai giochi, capostipite di un genere che suona sempre molto attuale nonostante abbia radici ben radicate nella fine del secolo scorso. Di sicuro rappresenta l’occasione per rivedere il sestetto teutonico dal vivo, grazie all’imponente tour degli stadi che li vedrà toccare diciotto paesi.

 

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Simona Fusetta
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