Radiohead
The King Of Limbs
(Cd, Xl Recording)
electro rock
[starreview tpl=16]
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Se avessimo scritto questa recensione subito dopo l’uscita dell’album, probabilmente, sarebbero state altre le parole che avremmo scelto per raccontare The King Of Limbs. Così come, ne siamo certi, riascoltandolo tra qualche anno, il nostro giudizio non potrà che essere rivisto e (s)corretto ulteriormente rispetto a quello che proviamo oggi. Essendo sempre più rari i casi di amore al primo ascolto, diciamo che è prassi abbastanza comune. Trattandosi in questo caso dei Radiohead, ovvero della band che fa della ricerca e della sperimentazione sonora, mai fine a se stessa, uno dei suoi tratti distintivi, dilatare i tempi e far decantare le emozioni è davvero cosa buona e giusta.
Fatte salve le premesse e senza tanti altri giri di parole, diciamo che The King Of Limbs è un disco splendidamente sconvolgente che, abbandonati i colori del precedente In Rainbows, prosegue nel solco tracciato a suo tempo dal dittico Kid A/Amnesiac sebbene sia all’esordio solista di Thom Yorke (The Eraser) che guarda più da vicino, ammantandosi di spettrale e sintetico incanto.
Sicuramente il più faticoso e inaccessibile della band di Oxford, trasversalmente pervaso da una bellezza algida, distaccata, che seduce senza però scaldare il cuore. Un fascino che arriva prima al corpo, che non può certo rimanere impassibile ai controtempi della doppietta iniziale Bloom e Morning Mr. Magpie, alle drum machine dell’inascoltabile Feral, agli ipnotici loop del singolo Lotus Flower, e poi (?) giù nell’anima, dove trovano riparo la folktronica Little By Little, la sospesa Codex, ballata per voce e pianoforte di inaudita dolcezza e l’acustica Give Up The Ghost, dove è la voce di Yorke a riempire di senso e sostanza le nostre emozioni.
C’è addirittura chi arriva ad ipotizzare che The King Of Limbs non finisca qui, divertendosi ad analizzare tutta una serie di segnali e/o pseudo indizi che porterebbero (il)legittimamente a pensarlo. A cominciare proprio dall’ultima traccia, Separator e dal quell’ossessivo ripetere “…if you tink this is over then you’re wrong…”. Il tempo ci dirà se tutto ciò corrisponde al vero. Intanto, con il dubbio che i nostri abbiano già detto tutto quello che avevano da dire, è a questo Re dei rami che tributiamo il nostro (in)condizionato plauso.
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