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Quintorigo: English Garden

Chi l’ha detto che squadra che vince non si cambia? Giunto alla sesta prova, il combo romagnolo muta nuovamente pelle, scaraventandoci in questo English Garden in cui niente è come sembra. Una miscela esplosiva di rock & blues suonata in modo anticonvenzionale da intorcinare le viscere

Quintorigo

English Garden

(Cd, Edel)

rock d’autore

[starreview tpl=16]

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Quintorigo- English GardenAltro giro, altra corsa per i Quintorigo. Archiviato il premio Top Jazz 2009 (solo l’ultimo di una lunga serie di riconoscimenti) ed il rapporto professionale con la vocalist Luisa Cottifogli (subentrata a sua volta, non senza timore ma con ottimi risultati, al carismatico John De Leo); abbandonata la lingua italiana per un cantato in inglese credibile e risolutivo; accantonate (momentaneamente?) le ovattate sonorità jazz per un ritorno alla casa madre del rock (e del blues) sporco dei club; la band più mutante e mutabile, nonché caleidoscopica e poliedrica del panorama italiano, torna a scuoterci con una esplosiva miscela di musica pensante per palati fini.

English Garden, il sesto sigillo da studio del combo romagnolo, oltre che per lo stato di grazia del nucleo storico (gli archi di Andrea e Gionata Costa distorcono che è una bellezza, il sax di Valentino Bianchi saetta in eclettici virtuosismi, il contrabbasso di Stefano Ricci martella duro nel compattare il tempo), si segnala per l’esordio alla voce di Luca Sapio (Area, Black Friday), capace di spalmare sulle undici tracce dell’album la giusta dose di ruvidezza e spigolosità, frutto di un background che affonda le radici in certi ambienti d’oltreoceano. Gli stessi dai quali proviene l’attrice/cantante Juliette Lewis, presente a sorpresa con la sua voce languida e maledetta in un paio di episodi (How Does It Feel? e Lies!) ad alto tasso adrenalinico.

Alternando un’anima rockettara (Shepherd Of The Sheep), pop (Teardrops), psichedelica (Somewhere Else), malinconica (Hang Man Blues) e pacificata (Burning Doubts), in poco meno di quaranta minuti i Quintorigo dimostrano ancora una volta che, senza chitarre, basso elettrico e batteria, un altro rock è possibile! Fresco, selvaggio, potente e vitale. A saperlo fare…

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