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Primus: Green Naugahyde

Vecchi fan e nuovi adepti potranno godersi momenti di puro svago grazie all’ironia e alla vena dissacrante di Green Naugahyde, il disco che segna il ritorno dei Primus

Primus

Green Naugahyde

(Cd, ATO Records/Prawn Song)

alt-funk, crossover

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primus Green NaugahydeTornano i Primus a più di dieci anni di distanza dall’ultimo Antipop (progetti solisti e inediti esclusi) con questo nuovo capitolo della loro atipica e goliardica saga: Green Naugahyde. Se da vent’anni a questa parte la formula di Claypool & Co. non è cambiata poi molto – evoluzioni collaterali in corso a parte -, la musica della band californiana si è pur sempre ritagliata uno spazio proprio, nonché unico, all’interno dello scenario alternative statunitense, spazio che risulta tuttavia ancora invariato con l’uscita del nuovo album.

Ci si potrebbe forse chiedere, allora, a cosa serva – oggi – un nuovo lavoro dei Primus. E in termini utilitaristici – cioè, se si considera soltanto il discorso sull’innovazione, come obiettivo cardine di una band “importante” – probabilmente a nulla. Non se si guarda però a un lavoro fatto ad arte e con sincerità, caratteristiche queste sicuramente sempre in primo piano nel corso della loro carriera. Tutt’al più, sarebbe forse più legittimo parlare di opera della maturità.   

E anche se di momenti minori ce ne sono, in G.N., non si può comunque restare indifferenti al funk stralunato di Hennepin Crawler o alla zappiana Last Salmon Man, con tanto di coretti dementi; così come non si possono ignorare la polka cubista sulla scia dei Residents di Eternal Consuption Engine, il funk (metal) divertito di Tragedy’s a’ Comin’, il “freak-prog” di Jilly’s on Smack, e soprattutto la comicissima Lee Van Cleef, squilibrata e obliqua al punto giusto. Ma non sono da meno neanche la logorroica Moron Tv e la beefheartiana (tra le righe) Hoinfodaman, in cui si riaffaccia il fantasma di South Park.

Punto forte di quest’assurdo pastiche strumentale resta – ancora una volta – la sezione ritmica, con il drumming sincopato e chirurgico di Jay Lane e il basso funambolico ultratecnico vertiginoso del leader e istrione Les Claypool. Pertanto, se in Green Naugahyde non vi si può scovare nulla di realmente nuovo, vecchi fan e magari nuovi adepti potranno comunque godersi momenti di puro diletto grazie all’ironia e alla vena dissacrante del trio più beffardo e tecnicamente capace attualmente (ancora) in circolazione. Non un capolavoro, dunque: una pernacchia.

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Angelo Damiano Delliponti
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