Primavera Sound Festival
31 maggio 2012
Barcellona, Parc del Forum
live report
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Rieccoci qui, come ormai da tre anni a questa parte, al San Miguel Primavera Sound Festival di Barcellona, appuntamento in grado di catalizzare gli indie-kids di tutto il mondo nel capoluogo catalano, alla ricerca di conferme e di sorprese, inseguendo gli hype dell’ultim’ora o gustando le tante reunion in programma.
Si inizia comunque presto, sin dal pomeriggio: contando anche gli spazi minori, ci sono ben dieci palchi, con le immancabili (e a volte assassine) sovrapposizioni, ma gli eventi della serata – per i più – saranno con The XX e Franz Ferdinand.
Il primo grande appuntamento dell’edizione di quest’anno è con gli Afghan Whigs. Greg Dulli e soci si sono riuniti per un tour celebrativo ma anche, soprattutto, per dare alle stampe un disco nuovo che vedrà presto la luce. Rimessosi a nuovo dagli abusi alcolici di qualche anno fa (anche a furia di parecchie ore di palestra, a quanto s’è visto), Dulli ha gestito a bacchetta una band compatta, capace di regalare pathos ed emozioni davvero intense. Che arrivano come un colpo al cuore con Gentlemen, manco a dirlo, e che ci danno la sensazione di quanto gli Afghan Whigs siano oggi urgenti come non mai e di quanto in questi anni, nonostante i Twilight Singers, ci siano mancati. Impossibile non notare la capacità tecnica di un batterista tanto essenziale quanto fantasioso. Impossibile non notare le tante, troppe, somiglianze fra la formazione americana e gli Afterhours, che al di là dell’amicizia personale tra Dulli e Agnelli, lascia la formazione milanese con più che un semplice debito di gratitudine verso gli americani. (Voto: 4,2/5). Tracklist / scaletta The Afghan Whings @ Primavera Sound 2012: Crime Scene, Part One / I’m Her Slave / Uptown Again / Fountain and Fairfax / Going to Town / When We Two Parted / Gentlemen / Crazy / My Enemy / See and Don’t See / (Marie “Queenie” Lyons cover) / Lovecrimes / (Frank Ocean cover) / 66 / Miles Iz Ded.
Sbagliatissima la posizione in cartellone della reunion dei Mazzy Star (troppo presto, spazio troppo grande), non riusciamo proprio a gustarceli e emigriamo verso i Mudhoney, capaci di averci fatto pentire della scelta. Non tanto perché per loro il tempo sembra (invano) non essere passato, con la loro musica che ce ne rimette in freschezza, quanto per la pessima performace del vocalist (Voto: 2/5).
Dei Wilco il nostro Ivan Masciovecchio ci riferisce di un concerto pesantemente penalizzato da volumi bassi e più in generale da una pessima amplificazione. I Wilco, fra l’altro, verso l’ora di pranzo avevano regalato una performace acustica a una cinquantina di fortunati in un negozio di dischi di Barcellona. Impossibilitati a capire il perché del successo dei Beirut, preferiamo una ventata di aria fresca a base di garage pop sbarazzino dei Thee Oh Sees, una delle sorprese che ci ha regalato questo festival e una delle band che ci ripromettiamo di tenere sotto osservazione.
Lo spazio dove suonano i The XX è enorme, il palco gigantesco, la folla accalcata: ma i “nostri” non si fanno per nulla intimorire, sanno che infatti il pubblico è dalla loro parte e non si fanno alcun problema a replicare di fatto il concerto che proprio due anni fa li investì al di fuori dell’Inghilterra, consegnandoli al successo internazionale. Fortissima era la curiosità di ascoltare i nuovi pezzi, che saranno su un album in uscita a settembre, sempre prodotto dall’addetto alle percussioni elettroniche Jamie XX e che sarà intitolato Coexist. Curiosità che gli XX soddisferanno con tre brani inediti, rimasti senza titolo in quanto non annunciati, come il resto delle canzoni. Gli XX dimostrano sul palco tutto il loro valore e svelano tutti i loro limiti. La capacità di creare melodie suadenti e ammalianti dal nulla, la solo apparente fragilità delle composizioni (che invece sono ben solide, come ad esempio VCR), gli incastri vocali da brividi, gli echi wave attualizzati. Ma anche una certa schematicità che ricorre in un po’ tutte le loro canzoni e la sostanziale mancanza di arrangiamenti diversi rispetto alle versioni in studio (a parte la stravolta Crystalised). E le nuove canzoni? Il nuovo corso degli XX è fortemente influenzato da ritmiche dubstep, quelle care al loro Jamie XX. A un primo ascolto la miscela sembra funzionare, l’impianto restituisce generosamente le bordate di bassi e la curiosità per il loro nuovo disco è forte (Voto 3,5/5). Tracklist / scaletta The XX @ Primavera Sound 2012: (Unknown) / Islands / Heart Skipped A Beat / (Unknown) / Basic Space / Infinity / VCR / Crystalised /Fantasy / Shelter / (Unknown) / (Unknown) / Night Time / I’ll Take Care Of You / (Unknown) / Intro / (Unknown) / Stars.
Bagno di folla anche per i Franz Ferdinand. Alex Kapranos tiene più volte a sottolineare di essere raffreddato e giù di voce, ma ci pensa il resto della band – comunque – a mantenere altissimo il tasso di divertimento. Ancora una volta è chiaro che i Franz Ferdinand dovrebbe fucilare sul campo i loro produttori, che su disco riescono solo lontanamente a rendere l’idea di quella che invece è una band piacevolmente ruvida, energica ed energetica, capace di cazzeggiare con medley pazzeschi (Take Me Out che diventa I Feel Love che diventa un accenno di What Time Is Love?). Spazzati via gli equivoci che li volevano prigionieri delle gabbie del punk-funk, i Franz Ferdinand anche stasera non evitano di mettere a ferro e fuoco Barcellona (…we burn this city…) con This Fire. Una macchina da festival perfetta. (Voto 4/5). Tracklist / scaletta Franz Ferdinand @ Primavera Sound 2012: Darts of Pleasure / Tell Her Tonight / Right Thoughts / Do You Want To / No You Girls / Brief Encounters / The Dark of the Matinée / Walk Away / Fresh Strawberries / Michael / WTICSFIFL? Midnight! / Take Me Out / Ulysses / Trees & Animals / 40′ / Jacqueline / This Boy / Outsiders / This Fire.
Nel primo pomeriggio avevamo provato a iniziare col punk-rock infuriato dei giovanissimi Iceage, ma non c’era stato niente da fare: troppo inesperti e troppo innocue le loro canzoni. Meglio ripiegare sulla reunion degli Archers of Loaf e il loro rock lo-fi di squisita matrice anni ’90.
Dei Japandroids, con un nuovo album in uscita e che hanno suonato a notte fonda, non riusciamo a replicare l’effetto sorpresa di due anni fa: sono in due ma suonano come un esercito, si divertono a triturare su un otto volante Jesus & Mary Chain e AC/DC (anche accennati con Thunder) e il pubblico numeroso apprezza e gode. Fianco a fianco (scelleratissima la planimetria dei palchi di quest’anno) The Field non riesce a ricostruire la magia del suo capolavoro discografico: situazione non adatta.
P.S.: un “in bocca al lupo” al chitarrista degli Sleep, colpito da un embolo durante le prove.
Guarda il concerto integrale degli Afghan Whigs
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