Pluvian
Notes from the reptile’s mouth
(Autoproduzione)
rock
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Atmosfere esistenziali, languidamente malate, elegia acustica diamantina questa imbastita dei padovani Pluvian, una sistematica bellezza acustica che con questo debutto Notes from the reptile’s mouth si piazzano sulle vene dei polsi dell’ascoltatore lasciandolo stordito, preda di un fluido di chitarre che sondano grunge, americana, indie, King of Convenience, Alice In Chains (Bluemoon, My friend Lu), spiriti Younghiani (Mr. Benzo), lontani Tesla (G. Mud, Marriage zone), folk, Blind Melon (Thing’s between us), immaginazioni irripetibili, un avvolgente mescola di vibrazioni “unplugged” stupende.
Dieci brani, dieci voli e dieci sensazioni verticali, una lettura filigranata e magica che i Pluvian gestiscono con delicatezza amarognola, un gioco di timbri, armonici, arpeggi e spennate che fanno ping pong tra cuore e solitudini, e dove anche – con una certa propensione ad allungarsi verso lidi altamente poetici – lasciano una scia che anche a distanza di ore riempie lo spirito di grazia maledetta.
Prendono il nome Pluvian da quell’uccello che vive in simbiosi sulla bocca dei coccodrilli, e fanno stupore elaborato, fiumi di note e parole che spingono emozioni all’ingrosso, ce lo rammenta anche il dondolio agreste di Well’ll never arise che chiude il sogno riaprendone un altro.
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