Plaid
Scintilli
(Cd, Warp Records)
IDM
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Il marchio Plaid è composto dall’unione di due disc jockey inglesi: Andy Turner e Ed Handley. Il progetto con questo nome nasce dopo vari esperimenti sotto diversi pseudonimi, tra cui Black Dog, Repeat, Tura, Balil, per citare i principali ma, soprattutto, per non spendere l’intero articolo per elencare l’infinità di nomi con cui firmano i lavori.
Personaggi atipici e schivi, sono una delle poche realtà dell’elettronica underground ad essersi costruiti un nome e a vendere dischi, senza poi snaturare il loro groove e nemmeno trovarsi a galoppare nelle sterminate praterie mainstream.
Il duo, inoltre, va particolarmente orgoglioso della strumentazione che utilizza per il proprio lavoro, tra cui il software MOTU, i pc e laptop Mac e la tecnologia Firewire.
Molto è trascorso dagli inizi, di cui ricorderete l’impronunciabile album Mbuki Mvuki, dove le influenze sono molteplici, dal soul sintetico di Detroit alla follia acid che era da poco sbarcata nel Regno Unito Tatcheriano di fine ’80. Sono seguiti molti album, compilation e anche svariati remix con artisti affermati, ad esempio Bjork e Goldfrapp.
Il suono del duo inglese si solidifica, verso il 2000, verso un composto molecolare di IDM, intelligent techno e altri generi difficili da imbrigliare.
L’ultimo episodio della saga è l’album Scintilli, che inizia con Missing, che se non fosse all’interno dell’album, potrebbe risiedere gloriosamente in una compila di canti gregoriani. Di altra natura è Eye Robot, misura efficace per capire quanto i due inglesi siano malati. Riuscire a capire come sia stata modificato il sample di chitarra è cosa difficile anche per professionisti.
Altro giro altro cambio, è la volta di Thank. Strutture ritmiche care all’hip hop, basslines vintage, si presume suoni analogici riprodotti in digitale, da ultimo forse non era voluto, ma con un po’ di fantasia potrebbe funzionare anche in pista.
Ecco invece una cosa che sul dancefloor calza benissimo, è Unbank, traccia orecchiabile e ballabile, quasi strano vederla in un album così. Quasi una sorta di folk in chiave elettronica.
Tender Hooks, invece, dà un’idea del suono ambient techno che la prima metà degli anni ’90 haconsacrato, dove il tempo si cristallizza, si comprime e si dilata. Techno da puro ascolto, tripudio per menti raffinate.
Solmn, a differenza di Tender Hooks, è l’altro lato della medaglia ambient, con le sue atmosfere cupe da incubi horror elettronici, ricorda molto Selected Ambient Works di un certo Richard D. James, i lavori degli Orb e la serie Artificial Intelligence della Warp.
E c’è dell’altro, ad esempio 35 Summers, dove da un incipit new age si passa ad atmosfere da sogno lucido, con un piano che sembra un lugubre carillon.
Insomma, con quest’album nessuno resta a bocca asciutta, né fans né critica. Difficile produrre lavori originali senza deludere nessuno, specie nel dilatato universo elettronico contemporaneo, in continua espansione, come del resto confermano le ultime scoperte in campo astronomico.
Per i Plaid l’ennesima conferma di una carriera ad alti livelli e soprattutto, di una irrefrenabile malattia da studio di registrazione giunta ormai ad una fase terminale e irreversibile.
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