Piers Faccini
I Dreamed an Island
(Beating Drum/Ponderosa Music&Art)
canzone d’autore, folk, world music
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Chiudete gli occhi e rilassatevi, immaginate di partire per un viaggio immaginario che vi porta a scoprire terre lontane ma non troppo, luoghi a noi così vicini ma culturalmente distanti. Immaginate di essere in un suk marocchino o su una spiaggia di Tangeri e cominciate a sognare… Questo è I Dreamed An Island, nuovo progetto del cantautore Piers Faccini che esce a due anni di distanza da Between Dogs and Wolves.
Il sesto album dell’artista italo – anglo – francese è un viaggio alla ricerca di un posto sicuro, di un’isola appunto, dove convivono pacificamente diverse religioni e culture, dove non ci sono differenze tra gli essere umani e dove l’intolleranza e la guerra non possono annidarsi. Faccini prende per mano l’ascoltatore e lo conduce attraverso questo cammino che lo porta in un’epoca d’oro, dove le diversità linguistiche, culturali e religiose non si denigrano ma bensì si esaltano e gli insegna a vivere in questa realtà pacifica. Cresciuto tra l’Italia, la Francia e l’Inghilterra, l’ultimo album, molto più dei precedenti, rispecchia appieno quello che è stato, e continua ad essere, il background dell’artista.
Un viaggio utopico, messo a punto dal cantautore attraverso diverse influenze musicali (perlopiù arabeggianti, folk e world music) e dall’uso di lingue differenti (inglese, francese, dialetto italiano ed arabo).
Nonostante i dialetti, il linguaggio risulta più che attuale così come gli arrangiamenti, dove coesistono con armonia chitarre elettriche con suoni barocchi e marocchini. Numerosi sono anche gli strumenti a corda suonati da Faccini e influente è la sua chitarra personalizzata con dei mini – tasti, per suonare i toni maggiori.
Le canzoni, che risuonano come voce degli antenati, in realtà trattano temi attuali: Oiseau ad esempio, è stata scritta dopo l’attacco di Parigi del 2015, mentre Piers Faccini era in tour in Tunisia e parla di un uomo che sogna un attacco terroristico ma, preso dalla paura nel culmine della violenza, chiede di essere svegliato dal cinguettio degli uccelli; The Many Were More è una preghiera alla tolleranza e il testo è un poema in lingua araba scritto dal poeta arabo-siciliano del dodicesimo secolo Ibn Hamdis, interpretato dal cantante algerino Malik Ziad.
Luoghi esotici, personaggi inconsueti e vicende storiche, sono questi i temi al centro delle canzoni di I Dreamed An Island proprio come Judith, che sbuccia arance per i soldati berberi al confine tra Cordoba e l’Andalusia o come in Drone, che tratta dei conflitti religiosi europei.
Sono molte le collaborazioni a cui si è affidato Faccini per il suo ultimo sforzo: dal batterista e percussionista italiano Simone Prattico, al violinista tunisino Jasser Haj Youssef, al bassista americano Chris Wood, al percussionista franco iraniano Bijan Chemirani e molti altri ancora, tutti artisti che provengono da scuole e da culture diverse.
Quel che ne è esce è un piccolo capolavoro, un’opera che fa scappare dalla realtà e che per un’ora circa, conduce verso luoghi immaginari, a tratti fiabeschi.
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