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Phidge: We Never Really Came Back

We Never Really Came Back segna un momento di svolta per i Phidge un distacco dai loro precedenti lavori; cambiano i suoni, ed emerge più che mai la personalità della band, che ha tanta voglia di raccontarsi in questo disco segnato dalle esperienze personali dei quattro ragazzi

Phidge

We Never Really Came Back

(Cd, Riff records)

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Phidge- We Never Really Came BackSi sente immediatamente come il desiderio dei Phidge sia quello di voler ripartire come se questo We Never Really Came Back fosse il loro primo lavoro. Non è cambiato solo il batterista, sono cambiati il sound ed il modo di esprimersi della band, che è diventato quello di chi non si vuole guardare alle spalle o di chi non vuole veramente tornare indietro (come del resto ci spiega il titolo dell’album), se non per rievocare alla mente i fatti di vita che il gruppo di Bologna vuole trasformare in musica.

L’aggettivo migliore per descrivere il disco è sicuramente malinconico, perché malinconica è la voce del cantante, perché malinconici sono i toni delle chitarre. Non solo, anche I titoli delle canzoni richiamano un forte senso di incertezza, basti pensare a tracce come la bellissima invisible colors, our lungs are blind, e la struggente blind diving (blind e invisible sono tra l’altro gli aggettivi che meglio descrivono l’incertezza che citavo poche righe sopra). Ancora più cupe, poi, le atmosfere di “graveyards” e “@ the end of the day”. Non manca però la forza delle melodie, alimentata ancor di più dalla potenza della batteria, tipica del rock, attraverso cui si percepisce un senso di ribellione che si oppone ai toni malinconici del disco, un desiderio di non voler arrendersi alla vita e di ritrovata energia.

Echi di progressive rock sulla scia dei Genesis e richiami di Britpop vicini e (forse) ispirati allo stile dei fratelli Callagher pervadono il disco, collocano il lavoro di Dodi Germano, Nick di Virgilio, Oscar Astorri e Riccardo Fedrigo lontano dalle atmosfere e dallo stile della musica italiana e danno una particolare importanza all’aspetto riflessivo e autobiografico dei brani, qui e là segnati da toni e suoni ripetitivi (ma voluti), e a tratti un po’ piatti. Non un grande difetto considerando quanto già sia originale e unitario il disco.

Probabilmente catalogare come rock  We Never Really Came Back è riduttivo; il lavoro dei quattro ragazzi è molto più intimo e sentito di un semplice album rock, difficile da collocare sotto una voce precisa e difficile da interpretare, ma proprio per questo ancora più interessante e avvolgente.

We Never Really Came back  è un lavoro da ascoltare, ma soprattutto da riascoltare per poterlo capire fino in fondo; e se è solamente il punto di partenza per un nuovo percorso dei phidge, non possiamo che aspettarci che i prossimi lavori saranno di altissimo livello.


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