Peter Murphy
Lyon
(Nettwerk)
gothic rock
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Dopo tre anni dall’ultimo album, Peter Murphy, storica voce dei Bauhaus, torna con il suo decimo album da solista dal titolo Lion.
Già Ninth, del 2011, aveva suscitato pareri contrastanti, divisi tra coloro che sostenevano si trattasse di un disco ben strutturato ma del tutto privo di ispirazione e coloro che salutavano l’album quale vera e propria espressione del rock più autentico.
Sono ormai lontani i tempi di Bela Lugosi’s Dead, singolo con cui il gruppo, che trae il nome da un’importante avanguardia tedesca degli anni ’20, irruppe sulla scena dark-punk, suscitando notevoli consensi e meravigliando il pubblico per la teatralità del loro leader. Oggi, a 56 anni, Peter ha ancora voglia di cantare e di mettersi in gioco:”Molti brani del mio nuovo disco sono su un registro vocale molto alto”, afferma in un’intervista rilasciata al Rolling Stones, “Ho improvvisato tutto al momento della registrazione, ora però devo imparare ciò che ho fatto: mi stupisco di essere arrivato a cantare cose simili e mi chiedo come farò a farlo di nuovo e a sostenere tutto ciò per più di un’ora !”
Di certo la voce non manca e nemmeno la grinta. Tuttavia l’album tocca solo in rari punti momenti di particolare e sincera ispirazione.
Le prime tre track-list presentano uno stile tipicamente gotic-rock, tuttavia senza la forza dirompente e innovativa che caratterizzava i Bahuaus. Degni di attenzione sono due brani: I’m On Your Side e Loctaine. Nella prima, un interessante tappeto di suoni dark rivisitati e sintetizzati e un ritornello suadente e ipnotico fanno da scenario all’imponente voce di Murphy, che torna a rievocare quella di Bowie, pur senza mancare di originalità. La seconda spicca per un ritmo ancestrale e martellante che non può non restare ben impresso nella mente.
È inoltre da notare che tutto l’album è percorso da una vena più haeavy rispetto ai lavori precedenti, come, ad esempio in Eliza, che, come ha affermato lo stesso Murphy, è un’esortazione ad essere se stessi e ad abbandonare il senso di colpa, celebrando la vita.
Frequenti le incursioni in ambito elettronico, come in Compression, che pur essendo una ballata, mischia al suo interno varie sonorità: da quelle dark a quelle sintetiche, per aprirsi in un ritornello che ricorda l’hard rock anni ’90. Conclude l’album la title track, in cui ad essere in primo piano è, come un po’ in tutto l’album, la voce di Murphy, sontuosa e suadente.
Lion, in conclusione, è un album che probabilmente non cambierà la storia della musica e del quale forse non si parlerà a lungo; resta, però, la magniloquenza del re del gothic rock, la sua voce, la sua presenza scenica e la sua storia: un monito per i sedicenti leader che affollano l’attuale scena musicale.
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