L’Ora X
Sottovoce
(Ghost Label Records)
alernative metal
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Il disco di debutto dei L’Ora X, Sottovoce, raccoglie l’eredità di Solo, un precedente progetto solista di Gabriele Mangano accompagnato alla chitarra da suo fratello Ilario, di cui avevo trovato particolarmente interessanti alcuni stralci condivisi a suo tempo su Youtube, ma che non aveva avuto un seguito come rivelato da lui stesso nel libro “Il Rock è Morto?”, pubblicato da Rockshock Edizioni. I fratelli Mangano hanno poi riversato nuove idee nel brillante gruppo funky rock Yattafunk, ma quel che di buono era rimasto nel cassetto non poteva che essere ripreso, rimodellato, rivisto e finalmente pubblicato con nuovi brani.
Gran parte di Sottovoce è un disco duro, dove chitarre dalla forte impronta metal si fanno strada su fiumi di parole rappate e cantate, avvolte da ritornelli piutosto melodici. Si sentono influenze tipiche di band come Korn, Deftones, Limp Bizkit, Linea 77 in questo disco che invita a rimettersi in gioco, a non voltarsi continuamente indietro, perché di vita ce n’è una sola e non è abbastanza, non importa quanto tempo ci voglia a rilanciarsi. Difatti il duo ci travolge a muso duro fin da subito con Animae, una canzone potente e rabbiosa sulla determinazione nel non rimanere sconfitti, come la seguente Lebbracadabra con lo sguardo sugli “attimi persi che non tornerano mai più vivi”.
Ci chiudiamo in noi stessi abortendo con indifferenza possibilità di dialogo, amicizie, riscatto e Sottovoce parla di ricordi, di amore e di trasformazione, dove dalla rabbia rifiorisce una nuova partenza. E ne è portavoce il brano Gaius Baltar, personaggio controverso della bellissima serie TV Battlestar Galactica, che da traditore e responsabile della distruzione del genere umano diventa egli stesso primo fautore del cambiamento, rinnovandosi durante il percorso.
E’ Ilario ad impreziosire i brani con i suoi assoli, accentuando dove occorre le feroci pennate di Gabriele. L’alchimia collaudata già con gli Yattafunk dai due fratelli Mangano funziona altrettanto bene in canzoni Quello che i miei Occhi non Vedono dove ci cantano di rialzarsi e combattere, e lo fanno usando power chord vigorosi alternati a riff prestanti. A sorpresa c’è una cover estrema di Lucio Battisti, Non è Francesca, una meraviglia che dimostra come i brani di Mogol possano essere arrangiati in qualunque salsa rimanendo bellissimi.
L’album è composto da 11 canzoni, in alcuni episodi soft le linee melodiche si ammorbidiscono, come quella con il pianoforte di Io Ci Sarò, o gli arpeggi delicati di Che Sarà di Noi che introducono il contrastante ritornello. Nello specifico è da segnalare la più trasognata Daimyo che riporta a certe sonorità care ai Deftones, ed è qui che scopriamo un inedito Gabriele, dove riesce ad esprimere le migliori doti autorali fino alla conclusione di Sottovoce, con l’omonima canzone che chiude il lavoro dei L’Ora X, album duro, ma maledettamente sincero.
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