Ongaku Motel
Volcano
(autoproduzione)
canzone d’autore, pop, folk
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Agrodolci e retrò, con quella giusta dose di hipsteria e freakness calibrata quanto basta, poco poco, per essere sufficientemente percettibile senza sovrastare né determinare il risultato. Così è Volcano, il nuovo EP sfornato dai milanesi Ongaku Motel, formazione che si auto dichiara di stampo pop-folk.
La scrittura dei brani prende a piene mani da quella che è la tradizione cantautorale italiana, a partire da Buscaglione, attraverso tutti gli anni ’60 ed i ’70, fino ad arrivare ai cantautori romani degli anni 2000. Gli arrangiamenti sono minimali, fatti di pochi suoni bilanciati in modo tale da non ingombrare mai e lavorare all’economia dei brani con un approccio in punta di piedi.
Non mancano le virate in chiave più indie, con schitarrate dalle ritmiche shuffle e la batteria che si diverte a pestare (piano) per un attimo. Piacevoli i piccoli tesori nascosti tra le partiture, equalizzati come miniature in un missaggio che fa molto del lavoro nella caratterizzazione dello stile della band.
Le liriche leggere e dirette concorrono alla sensazione di un progetto che ha sicuramente ottimi spunti, ottime capacità comunicative ma anche molti margini di miglioramento. Questa band potrebbe riempire le vostre serate nei locali d’Italia, potreste apprezzarla, potrebbe piacervi molto, perché sanno come non essere invadenti con la loro musica, un sottofondo gustoso e divertente che nell’ultimo anno ha macinato una quarantina di concerti in giro per lo stivale: segno che i ragazzi vogliono darsi da fare e ci credono.
Non ci sarà di che meravigliarsi se da un momento all’altro dovessero finire in classifica (reality e talent e rapper sgangherati permettendo!). Il loro miscuglio di melodie orecchiabili e sonorità sommesse possono essere davvero la chiave per il successo. Basterebbe che il mainstream si accorgesse di loro e li lanciasse nello spazio.
Se in Italia non fossimo circondati da pupazzi tutti uguali, gli Ongaku Motel sarebbero presto i prossimi Kings Of Convenience. Certo, hanno ancora qualcosa da mettere a posto, ma sono minuzie, dettagli, perché sarebbe un peccato sgualcire anche solo di poco l’atmosfera minimal e dolcissima che riescono a creare con la loro strumentazione ridotta all’osso ed i suoni pizzicati e sottili. Non è la ricchezza di suoni quello che ci vuole qui, ma solo un pizzico di ironia poco poco più strutturata, agrodolce, che amplifichi le atmosfere di brioche e caffè amaro che pervadono i sei brani del lavoro.
La formula, per quanto possa apparentemente sembrare scontata, risulta al contrario molto originale. Potrebbero addirittura ritagliarsi una fettina di genere tutto loro, con un po’ di impegno e costruzione di una personalità ancora più spiccata nella composizione. Questa band funziona e funzionano anche i brani dopo tutto. Aspettiamo la prossima evoluzione, qualcosa mi dice che la maturazione sarà a buon punto. Sono certo che gli ascoltatori italiani non disdegneranno affatto il loro minimal-pop acustico.
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