Nils Frahm
Felt
(Cd, Erased Tapes Records)
modern classical, minimalismo, sperimentale
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Non ha neanche trent’anni, Nils Frahm, ma la sua musica è già molto matura: lontano dagli abbellimenti, da facili applausi e dalle melodie dall’emotività immediata, il giovane compositore berlinese ha sempre abituato il suo pubblico a soluzioni musicali lontane dalla prevedibilità e dal consueto. Felt è il suo terzo disco, e Frahm non si smentisce neanche stavolta.
Registrato in una vecchia chiesa, Felt raccoglie nove canzoni incentrate sullo strumento prediletto da Frahm, il pianoforte, suonato però in modo antiaccademico e assolutamente non convenzionale.
Un caratteristica che balza all’orecchio fin dal primo ascolto è la presenza di rumori d’ambiente che accompagnano, e a volte sostengono, le note del pianoforte: fruscii, sussurri, crepitii. La presenza di questi elementi è sicuramente da attribuire alla particolare modalità di registrazione di Felt, che è stato inciso in presa diretta. La suggestione creata da questo espediente è grande: in questo modo la musica classica, di cui il pianoforte è l’interprete più rappresentativo e più tradizionale, viene ricondotta a un contesto domestico e quotidiano. Le melodie classicheggianti non appaiono più snob e elitarie, fruite in teatri barocchi e pomposi, ma entrano nei momenti più banali e più intimi della nostra vita,accompagnate da colpi di tosse e da bisbigli. Non poteva esserci un modo migliore per desacralizzare la musica classica e avvicinarla a un contesto più familiare.
Questo aspetto è avvertibile già in Less, dove gli accordi di pianoforte sono dilatati nel tempo, suonati con esasperata lentezza che arriva quasi a smembrare la forma canzone, ma che tuttavia riesce a trasmettere una grande malinconia e mestizia. Nella successiva Familiar, invece, la melodia di pianoforte è semplice e ipnotica, suonata in modo sommesso e discreto e accompagnata da campanelli, il tutto reso magico e allo stesso tempo inquietante da scricchiolii e sussulti di voce.
La stessa formula si ripete in Unter, dove un pianoforte straziante viene reso ancora più funereo da parlottii e sussurri, per culminare poi in un enigmatico fischio finale.
Old thought è una delicatissima ballata, con un retrogusto orientaleggiante, mentre la successiva Snippet ha una melodia più calda e rassicurante, pur non rinunciando a una certa venatura malinconica..
Pause, la cui apertura è affidata a tetri e cacofonici accordi di piano, lentamente alternati con note alte e cristalline doppiati da campanellini, è dotata di un afflato quasi mistico, grazie anche alla lentezza strascicata con cui vengono eseguiti gli accordi.
La conclusiva More si distingue per la presenza accordi di pianoforte suonati rapidamente ma con un tocco leggerissimo della mano, accompagnati da tintinnii lievi e saltellanti come cascate, rapidi, regolari, che trovano una certa quiete nella parte centrale del brano e che diventano sommessamente dilatati, per poi spegnersi e successivamente riaprirsi in un finale maestoso eppure delicato, affidato, per la prima volta nel disco, a degli effetti elettronici. Alla fine di Felt, quindi, viene mostrata l’altra faccia della musica di Frahm, che fino a questo momento del disco era rimasta celata: la componente elettronica.
Pur pagando lo scotto di essere un po’ troppo ripetitivo, Felt è un disco di rara eleganza, nel quale esiste un perfetto bilanciamento tra i vari suoni e le varie emozioni: forza e delicatezza, accordi maestosi e tintinnii di campanelli, melodie importanti e colpi di tosse. Un mix di elementi perfettamente calibrato. E questo rende la musica di Felt matematicamente perfetta.
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