Nils Frahm & Anne Muller
7 Fingers
(Cd, Hush / Erased Tapes)
sperimentale, elettronica, minimalismo
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L’elettronica e la musica classica. Sembrano due generi musicali completamente diversi, ma più volte nel corso della storia si sono ritrovati a flirtare tra loro. Basti pensare a Walter (poi divenuto Wendy) Carlos, che nel 1968 pubblicò un disco in cui eseguì alcuni brani di Bach con il sintetizzatore. All’epoca tale operazione venne ritenuta all’avanguardia, tanto da attrarre l’attenzione e la curiosità di Kubrick, che volle Carlos (e i tedeschi Kraftwerk, gruppo pioneristico della musica elettronica) per realizzare la colonna sonora di Arancia Meccanica, film in cui è dedicato largo spazio alle musiche di Beethoven e di Rossini. Oppure si possono ricordare alcuni suonatori di theremin, strumento simbolo dei primi esperimenti di musica elettronica, che eseguono un repertorio di musica classica, come Clara Rockmore e Lydia Kavina.
Nei nostri giorni, alcuni musicisti di elettronica hanno iniziato suonando musica classica, e in certi casi hanno cercato di coniugare strenuamente il loro passato con il loro presente. Nils Frahm è uno di loro. Nasce come pianista, ma ben presto si lascia ammaliare dalle sonorità elettroniche. L’esigenza di coniugare questi due mondi ha portato Nils Frahm a collaborare con la violoncellista Anne Müller e a realizzare 7 Fingers.
Il disco si apre con la sontuosa Teeth, in cui archi strazianti e maestosi , a tratti dissonanti e striduli, creano un’atmosfera sospesa e indecifrabile. Con la title-track, invece, veniamo subito trascinati in un contesto di elettronica liquida e minimalista, impreziosita da un prolungato suono di violoncello al limite della cacofonia che poi si scioglie in un crescendo enfatizzato dalle pulsazioni sintetiche. Nella successiva Let My Key Be C si respira un’aria sottile, con cinguettii e archi sommessi, che poi si induriscono in un gracchiare pauroso.
Because This Must Be contiene una campionatura di un dialogo in italiano tratto da un vecchio film, sorretto da sonorità da vecchio grammofono e da archi tristi e inquieti. Reminds To Teeth ha le stesse atmosfere colme di mistero: qua e là qualche grido di sottofondo, archi ora magicamente caldi ora sottilmente acuti, pianoforte monotono e statico.
Con Duktus viene compiuta una virata violenta verso l’elettronica, con suoni siderali e battiti meccanici, il tutto legato insieme da grevi violoncelli. Infine, Long Enough costituisce una perfetta sintesi tra i due stili: parti di elettronica sfrenata accompagnata a un sottofondo vellutato fatto da archi, il tutto ad accompagnare, per la prima volta, la parte cantata.
Un disco completo, ben ragionato e ben costruito, mai banale, che costituisce l’ennesima, interessante variazione con la quale può avvenire il connubio tra musica classica e musica elettronica.
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