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Morrissey: California Son

A poco meno di due anni dal suo ultimo lavoro solista, Morrissey torna a sorpresa con California Son, un album di cover che è più di un semplice esercizio di stile per questo artista giunto ormai a festeggiare i trent’anni di carriera da solista.

Morrissey

California Son

(BMG)

folk, rock, pop

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recensione Morrissey- California SonInstancabile Morrissey. A meno di due anni di distanza da Low in High School, undicesimo lavoro da solista del songwriter mancuniano, eccolo tornare inaspettatamente con un album di cover.

Già, perché California Son suona ai fan (e non solo) come un’attenta operazione commerciale, più che il semplice volere “che la musica parli da sola”. Comunque sia, anche Moz cede alla lusinga di cimentarsi con quei pezzi del passato che più di altri hanno influenzato la sua formazione.

Molti prima di lui l’hanno fatto. Chi stravolgendo le canzoni e dando loro una connotazione più contemporanea, chi invece limitandosi a una mera reinterpretazione. Morrissey, da grande artista qual è, cerca di restare quanto più possibile fedele all’originale, permeando ogni pezzo di una sacra allure vintage, ma dandogli corpo con la sua inconfondibile voce baritonale.

Ed eccolo spaziare da brani folk di protesta, come Only a pawn in their game di Dylan e Days of decision di Phil Ochs (perfettamente nelle corde di uno da sempre allergico e caustico nei confronti di qualsiasi forma di potere), a rivisitazioni in chiave rock (Morning starship) e pop (Wedding bell blues), condite con qualche tocco elettronico e un po’ di fiati qua e là. Un sapiente mix che fa da tappeto a una voce al servizio delle parole e del loro significato.

Molte le collaborazioni di questo disco, da LP in It’s over a Billie Joe Armstrong dei Green Day nella riuscitissima Wedding bell blues. Come molte sono le canzoni scritte/cantate da donne, in apparente contrasto con la ben nota misoginia di Moz. Che sia pronto a fare pace con l’altra metà del cielo?

California Son non verrà di sicuro ricordato tra gli album più belli di Morrissey. E nemmeno tra gli album di cover più significativi di questo millennio.

Ma il cantautore britannico negli anni ci ha abituato a tutto e gli è stato perdonato tutto.

E succederà così anche per questo suo momento di riflessione, di sguardo malinconico al passato, che coincide con il trentennale della sua carriera solista.

Quindi, al momento non è dato di sapere se questa nuova release potrebbe essere una semplice e passeggera parentesi, oppure anticipare una nuova deriva musicale. Ma di sicuro ha riportato l’attenzione sulla sua non più fulgida carriera. Bene o male, purché se ne parli.

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Simona Fusetta
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