Moby
Wait For Me
(Cd, Mute)
elettro-pop
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Sembra una favola: il nerd quattrocchi e pelato che dimostra al mondo le sue doti musicali, vende un sacco di dischi e diventa una star. È quello che è successo a Moby, quando, nel 2000, il suo album Play entrò nelle classifiche di tutto il mondo. Ma l’artista newyorchese ha dimostrato di non avere il carattere giusto per reggere il peso nella notorietà. Schivo, garbato, goffo, non è riuscito a difendersi dalle critiche, talvolta esagerate, che gli sono state rivolte. Con il disco di musica da dancefloor Last Night ha tentato, in modo un po’ impacciato, di apparire più trendy di quello che è in realtà, allontanandosi dal consueto elettro-pop colto e minimalista. Ma il risultato è stato un fiasco. Forse Moby si è stancato di compiacere inutilmente gli altri, perché con Wait For Me è ritornato alle atmosfere intimistiche e cerebrali che gli sono tanto care. È la scelta di chi ha tutti contro e decide di fregarsene, facendo di testa propria.
Ciò che ne emerge è un disco enigmatico, in bilico tra musica ambient un po’ troppo semplificata per essere suggestiva ed elettronica easy-listening. Tutto è piacevolmente fruibile, ma non ci sono né brividi né colpi di fulmine.
Ogni brano è caratterizzato da un senso di tetraggine e di smarrimento. L’esempio più lampante è Pale Horses, in cui una voce femminile si insinua desolata tra archi e organi luttuosi sostenuti da una sezione ritmica asciutta. Gli stessi sentimenti sono avvertibili anche in Shot In The Back Of The Head, primo singolo estratto ed accompagnato da un video diretto da David Lynch, brano minimalista solo strumentale, percorso da un suono raschiato che crea un’atmosfera di lancinante oscurità.
A questo mood criptico appartengono anche JLTF, una dolce nenia accompagnata da una sinuosa voce femminile, e Hope Is Gone, forse la più bella del disco, con delle atmosfere eleganti dal sapore jazzato, una raffinata voce e l’onnipresente retrogusto di elettro-pop siderale.
Con Mistake Moby torna ad atmosfere più poppettare, quasi dance, sempre con una venatura malinconica, particolarmente accentuata in Isolate,brano conclusivo spoglio e struggente,dall’incedere quasi trip hop.
Un disco non geniale, e neppure strepitoso, ma comunque ricco di buone idee e sincero. Perché una cosa è certa: anche se molti gli daranno ancora contro, il nostro Moby si sentirà almeno in pace con la propria coscienza.
P.S.: il videoclip che vedete in questa pagina è stato girato per Moby da David Lynch
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