Misère de la Philosophie
Ka-meh
(Garagerecords)
rock psichedelico
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Questo trio, i Misère de la Philosophie, si forma a Piombino nel 2010, per poi nel 2012 essere integrato da altri due elementi , dando vita così dieci tracks che costituiscono il loro primo lavoro e che prende il nome di Ka-meh.
L’ascolto dell’album si rivela fluido e piacevolmente attraente, la vocazione psichedelica della band si fonde con melodie azzeccate così da dare l’impressione sin da subito che ci si trova davanti ad un lavoro valido. Da sottolineare vi è l’aspetto concettuale dei testi, interamente in italiano, che rinnegano i miti creati dalla decadenza e dal progresso rivendicando l’esistenza di un mito comune che possa essere da trampolino per cambiare il presente. A corroborare questa idea quindi, ecco le citazioni all’opera di Marx e i riferimenti, nei testi, ad altri intellettuali marxisti.
Musicalmente l’album si fa apprezzare per l’ottimo bilanciamento tra melodia e ricercatezza, che permette all’ascoltatore di immergersi subito in quelle atmosfere e di scoprirle gradualmente senza annoiarsi. Il loro sound risente delle influenze dei Velvet Underground e di Nick Cave and The Bad Seeds, mentre per alcune sonorità ricordano gli Afterhours nostrani. Il risultato è un lavoro ben strutturato, corposo che si lascia ascoltare amabilmente.
Si inizia con Bobok, un pezzo dove un giro di basso ficcante e incisivo governa chitarre distorte fuse con sonorità anni ’70. Un salto temporale ben studiato e di buon impatto.
L’ Eresia è un ottimo esempio di come lo stile cantautoriale italiano possa essere sviluppato, oltre che su basi melodiche, anche su altri substrati. Imperniato su una solida base ritmica, il brano, tra chitarre sferzanti e arpeggi melodici, ci offre una parte vocale che cresce gradualmente, dando vita al testo intenso e impegnato.
In Maelzel possiamo notare l’immediatezza, la rapida fruibilità del pezzo che dopo le strofe orecchiabili e incisive propone un ritornello solo in apparenza semplice, che non tarda a colpire nel segno senza scadere nella banalità o nell’ovvio.
In Terrore sembra quasi di sentire il timbro vocale di Manuel Agnelli, anche per le chitarre oniriche e disperatamente distorte che fanno da cornice alla voce, mostrando la contrapposizione tra la linearità melodica e la ricerca testuale.
In La notte è la fine i ritmi si alzano, chitarre distorte, voce incalzante e compressa sfociano poi in un assolo dove la vocazione psichedelica della band trova la sua valvola di sfogo, in una delle traccie più lunghe del lavoro.
Melodie dirette ed efficaci elaborate al punto giusto insieme a testi che lasciano il segno, tutto questo in un debut-album, ovvero Ka-meh, a cui i Misère de la Philosophie difficilmente potrebbero chiedere di più, anche se non tutti i pezzi hanno qualità elevata. Caratteristico, invece, è il fatto che, a livello melodico, appena sembra che si stia scendendo nell’ovvio, ecco il riff, la doppia voce, la trovata che riporta la godibilità su livelli alti. Buona la prima, avanti con la seconda!
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