Massimo Volume
Il Nuotatore
(42 Records)
alternative, canzone d’autore
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Fedeli a loro stessi. Che non vuol dire per forza essere obsoleti e non stare al passo con i tempi. Significa semplicemente avere un’idea di musica e portarla avanti, contro tutto e tutti. Questo hanno fatto negli anni i Massimo Volume, e questo sono tornati a fare ne Il Nuotatore.
A sei anni di distanza da Aspettando i Barbari, quando molti di noi avevano perso le speranze di rivedere la band insieme, persi tutti nei loro mille progetti solisti/collaborazioni, eccoli tornare sulle scene e scombinare ancora le carte, rimettendo in piedi una formazione composta unicamente dal proprio nucleo storico e dando vita a un album che poco ha da spartire con il precedente. Non c’è traccia di elettronica infatti in queste nove tracce, un po’ come se tornare a essere un trio corrispondesse a tornare all’essenza del proprio sound.
Alla notizia dell’ennesimo cambio di formazione ammetto di essere rimasta piacevolmente sorpresa e al contempo preoccupata. Da fan storica mi intrigava l’idea di rivedere Emidio, Egle e Vittoria finalmente da soli; dall’altra, da grande estimatrice del talento di Stefano Pilia – che aveva suonato con loro sin dalla reunion – temevo che le melodie di chitarra potessero venire penalizzate. Niente di più sbagliato. Libero finalmente di poter splendere nella figura di Deus ex machina dello strumento a sei corde, Sommacal crea intrecci e sovrapposizioni di strati di chitarre fino a trovare nell’armonia il sapiente equilibrio. Un suono essenziale ma pieno, un ritmo frenetico e vibrante a servizio e a sostegno delle parole.
Ma andiamo con ordine. Il Nuotatore è un disco pieno di storie e personaggi, dove ora più che mai la narrazione si mischia con elementi autobiografici. Tanti i temi ricorrenti, una sorta di trait d’union tra i lavori precedenti e lo splendido La guerra di domani dei Sorge, progetto elettronico di Mimì e Marco Caldera. Le carte ad esempio, o la famiglia, come in La ditta di acqua minerale, storia vera di uno zio di Emidio che si era perso a carte la ditta in cui era finito a lavorare come contabile, o ancora Mia madre e la morte del gen. José Sanjurjo. Per non parlare dell’acqua, sorta di fil rouge, quella in cui il nuotatore (dall’omonimo racconto di John Cheever) sguazza, elemento che ci sostiene e ci permette di restare a galla, ma che in un attimo può travolgerci mettendo fine a tutto.
Quello che emerge ogni volta dai testi di Clementi è il suo occhio attento all’uomo, non tanto inteso nel senso ampio di genere, quanto più intimamente nella sua individualità. Sempre scevro di giudizi, sembra quasi voler abbracciare le imperfezioni e le debolezze del singolo. Quell’uomo che vota le proprie preghiere a una qualche divinità pagana (la prudenza e il caso) e che nel profondo nasconde paure ancestrali, come quella di mettersi in gioco o il timore di andare incontro al destino. Un uomo che dà il meglio quando impegnato in attività passive, come sperare di essere travolti dalla vita contro la nostra stessa volontà o giustificare il proprio operato.
Il Nuotatore è un album scarno, essenziale. Niente synth o tastiere, solo i MV nella loro forma migliore. Più che mai consapevoli del loro percorso e del loro ruolo in questo panorama italiano, ancora una volta hanno dato dimostrazione del fatto che con la strumentazione classica e qualcosa di valido da dire si può fare musica di qualità destinata a durare. Non perdetevi il loro tour promozionale, che li vedrà a breve nei teatri italiani per uno spettacolo inedito.
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