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Mark Stewart: The Politics Of Envy

Mark Stewart torna con The Politics Of Envy, un album pieno di special guest ma che non convince pienamente

Mark Stewart

The Politics Of Envy

(Cd, Future Noise Music)

Industrial, electro, wave

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Mark Stewart- The Politics Of EnvyGià leader della band post punk The Pop Group e uno dei pionieri dell’hip hop di matrice industrial, Mark Stewart non ha certo bisogno di presentazioni.

In questo ottavo album solista, chiama una folta schiera di “amici” (provenienti da varie band fra le quali P.I.L., Jesus & Mary Chain, Massive Attack) e torna sulle scene con The Politics Of Envy, un album dalle sonorità e dalle liriche abrasive e pungenti, spesso infarcite di riferimenti politici.

Si parte subito con un pezzo bello rabbioso come Vanity Kills.

Autonomia vede il primo featuring dell’album, un Bobby Gillespie scatenato in un brano con dedica a Giuliani ucciso al G8 di Genova. La punta di diamante dell’album.

Lee Scratch Perry interviene su uno dei brani più forti di questo The Politics Of Envy , il dub Gang War.

Più scontata l’electro di Codex, che lascia presto spazio a Want, un altro brano electro industrial con accenni interessanti di dubstep, che vede la partecipazione dei Factory Floor.

L’album procede con un calo di tensione dovuto alla trascurabile Gustav Says, song molto lontana dagli standard qualitativi di Mark Stewart.

Baby Bourgeois cattura invece l’attenzione con un electro pop dal sound molto affine ai Royksopp .

Più cupe le atmosfere di Method To The Madness e Apocalypse Hotel che nonostante le sferzate dubstep e l’intervento di Daddy G dei Massive Attack non riesce a convincermi pienamente.

Don’t Sit Down (in realtà cover di Letter to Harmione del duca bianco) ci porta alla chiusura con Stereotype, unico intrigantissimo accenno wave di questo lavoro.

Questo nuovo lavoro risulta a tratti interessante, ma a tratti anche confuso e forse affrettato. Innegabile comunque la cura dei dettagli ed il valore delle liriche.

 

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Fabio Busi
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