Maria Lapi
Ignote Melodie
(Cd, Effettonote)
pop
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Ignote Melodie è l’album d’esordio della cantautrice Maria Lapi, dieci tracce segnate da perbenismo e professionalità, praticamente pop da salotto metropolitano.
La verità è che la cantautrice milanese è bravissima e ha veramente una voce sorprendente. Gli arrangiamenti del disco sono curatissimi, puliti e la produzione artistica (Panzarini e Rizzardo) è di ottimo livello.
Purtroppo però un’altra grande verità è che il disco stenta a decollare: il conformismo, l’educazione musicale e gli studi di Maria rendono il lavoro un po’ artificiale e irrigidiscono i dettami musicali, cristallizzando l’opera in una serie di scelte forzate. L’impressione è che non vi sia stata sincerità nel comporre la struttura dell’album e che sia tutto frutto di scelte, musicalmente, obbligate.
La lista delle cose da rivedere si allunga quando tocchiamo il tasto dolente dei testi, scontati e praticamente un accessorio superfluo alle canzoni: il tocco jazzato e vagamente retrò di Lezioni di Retorica impressiona ad un primo ascolto ma ad un esame più attento putroppo emergono le lacune scritturali della milanese (cit. “Inspiegabili consensi a innegabili non sensi. E non trovo senso, la banalità. Travolte da eloquenza ed è retorica nascosta per cultura, apprezzo la premura”). Sorprende la delicatezza de L’inatteso (che ricorda vagamente Cristina Donà) ma spiazza ancora una volta la debolezza di un testo troppo poco ispirato.
Musicalmente ineccepibile il disco scorre via in maniera leggera e delicata, sulla scia perfetta delle grandi voci del pop femminile italiano come Matia Bazar, Dirotta Su Cuba, Irene Grandi e in alcuni momenti più ispirati Carmen Consoli e la già citata Cristina Donà. Ogni tanto il disco lascia intravedere il talento vocale di Maria. Lezioni di pop in Come Gocce e Gravità e il tentativo serioso della title track Ignote Melodie rimangono testimonianze di un lavoro curato e importante, anche se non riescono a tenere a galla una prima prova acerba e troppo educata.
Tutto è al posto giusto, ma il disco manca di un’impronta forte e il colore dell’artista è assente. Pop italiano dall’hype tipicamente Sanremese che non sfigurerebbe sul palco dell’Ariston. In definitiva: un esordio manierista con poca anima.
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