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Madre De Dios

I Madre De Dios esordiscono con un album omonimo autoprodotto che suona heavy metal dalla prima all’ultima nota

Madre De Dios

s/t

Autoproduzione

heavy rock’n’roll

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Devo confessare che quando è partito l’intro di The evil guide, primo brano dell’omonimo primo CD dei Madre De Dios, ho pensato ci risiamo, ecco l’ennesimo giovane gruppo italiano che ci propina filosofia esistenziale low cost su una base rock dura che più dura non si può.

E pensare che una volta il rock quello tosto in Italia non lo voleva fare nessuno.

Il trailer radiofonico del primo disco dei Dhamm (dai, chi di voi se li ricorda?) suonava di brutto alla Kee Marcello ma poi, dopo appena qualche vibrato, la voce irrompeva chiedendo: pensavate che fosse una band straniera? Invece no, sono italiani ma suonano proprio così!

Certo ai Madre De Dios li aiuta l’incredibile musicalità della lingua inglese che ha il duplice merito di rendere più suadente l’amalgama sonora e, almeno di primo acchito, meno comprensibili le liriche.

Non si tira mai il fiato. Quello che fanno, i Madre De Dios lo sanno fare benissimo. Potrebbero tranquillamente essere una delle decine di heavy metal band inglesi o americane che non hanno mai raggiunto il successo quello vero -il big time schifato, almeno nelle dichiarazioni, da molti puristi- o una di quelle che nei Settanta/Ottanta lo hanno assaporato al costo del compromesso per poi tornare più o meno fulmineamente nei ranghi e sopravvivacchiarci fino a oggi.

Chi cerca la melodia qui non la troverà. Chi cerca i martelli invece non può perderselo, perché questi quattro ragazzi suonano davvero benissimo. E ben vangano autoproduzioni di questo livello.

 

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