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Madame X: Dive Cattive

Il nuovo album dei Madame X diverte nel gioco citazionistico del cinema horror/noir '60-'70

Madame X

Dive Cattive

(Cd, Ponderosa)

horror soap-rock

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Madame X- Dive CattiveL’idea fondante del nuovo album dei Madame X era quella d’omaggiare il cinema horror e noir degli anni ’60 e ’70 (soprattutto italiano). Ciò che ne è scaturito è Dive Cattive, un concept imperniato su storie di donne vittime e carnefici – con tanto di brani speculari a film specifici. E non sono da buttare via, a ben vedere, l’idea e il risultato. Innanzitutto per la cura: quella relativa alla produzione firmata da Alberto Fabris (ex Blonde Redhead) e Gianluca Mancini (già insieme a Ludovico Einaudi). E poi per gli strumenti – i musicisti – ospiti: il sax baritono di Gilberto Tarocco, il sitar di Andrea Rabufetti, il vibrafono di Sebastiano De Gennaro e via dicendo.

Ovviamente non c’è alcunché di nuovo: Dive Cattive, nel complesso, sa di operazione fin troppo scontata, il solito concept-album/opera-rock che prende in prestito dal chamber pop quel che gli serve per i suoi scopi. Che sono poi quelli della spettacolarizzazione, in chiave glamour/noir, dell’immaginario relativo a certe pellicole ben identificabili con un genere (i b-movie, in senso lato) ed un’era. Con tanto di riferimenti a suoni e atmosfere del periodo, rimandi continui a musicisti come Ennio Morricone o Piero Umiliani e incursioni massicce nel baroque rock (se non proprio nel prog).

Eppure l’esito è entusiasmante, a tratti. Non ci sono pezzi particolari ad emergere, ma un insieme di spunti quasi-brillanti che rendono l’album raramente noioso, almeno se si ha il coraggio di lasciarsi andare alla leggerezza dei suoi contenuti (nel senso del trattamento spensierato del tema ‘morte’, che è poi quello a cui fanno riferimento i vari titoli: La morte cammina su tacchi alti, La decima vittima, La sposa in nero, In 9 minuti sei morta, ecc.). I testi di Alessandro De Benedetti, voce e leader della band, si limitano così a descrivere le situazioni in atto, fungendo da fulcro per l’allestimento di un teatro/film “contraltare” musicale delle pellicole di riferimento.

Anche qui, il solito gioco postmoderno della commutabilità, in un rimando continuo a media differenti. Però riuscito, in tal caso.

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