Lorenzo Del Pero
Nato Il Giorno Dei Morti
(VREC)
rock d’autore
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Si dice che tre sia il numero perfetto e, molto probabilmente, per Lorenzo Del Pero, musicista pistoiese, questo assunto dovrebbe essere veritiero.
Il suo terzo lavoro, Nato Il Giorno Dei Morti, dopo svariati ascolti (non è un album facile) si rivela un’opera forte, intensa, piena di spunti e che guarda al passato, ma con gli occhi volti verso il futuro.
La sua voce, un mix perfetto tra quella di un grande come Jeff Buckley e del nostro Marco Parente, racchiude tutta l’essenza di una sofferenza insita contenuta in ogni singolo secondo di musica che esce fuori dal lettore.
Si parte con Di Troie E Di Cani che è un urlo liberatorio, incastonato su chitarre tipicamente alternative anni novanta (vanno bene anche quelle che si trovano in Grace).
Poi si scende negli inferi del blues più cupo che viene fuori in modo prepotente ed accecante con La Culla Della Civiltà, mentre vette di minimalismo rock si riscontrano con la successiva Il Teatro Dei Vinti.
I testi che si trovano nel disco, dalla prima all’ultima canzone, sono proiettili in faccia e che fanno male da qualsiasi parte li si voglia leggere, anche se è poi la musica a coinvolgere più di ogni altra cosa.
Deponi Le Armi Soldato parte in maniera quasi sussurrata, salvo poi esplodere con fragore, a differenza di Magdala che è una ballata crepuscolare nata al pianoforte.
Tutto il disco è pervaso da un senso di inquietudine elevato e l’accoppiata formata dalla titletrack, che si apre in maniera improvvisa, e dalla tenebrosa Candele lo certifica in maniera inequivocabile.
Sul finale lo standard si mantiene alto. Ci pensa Il Sogno Di Un Profeta a dare un imput ancora più oscuro, rispetto a quanto già ascoltato in precedenza.
L’omaggio più forte a Jeff Buckley è espresso con Giugno, strutturata su sola chitarra e voce, mentre la conclusiva Penitenziagite è una sorta di urlo di dolore e rabbia che racchiude l’inquietudine che lascia l’ascolto di Nato Il Giorno Dei Morti.
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