Lana Del Rey
Norman Fucking Rockwell!
(Polydor, Interscope)
soft rock, pop, sadcore, folk rock
_______________
Norman Fucking Rockwell! è il sesto album in studio per Lana Del Rey, cantante ammaliante, dalla voce soave e sensuale, che con questo lavoro uscito da poche settimane sta già convincendo critici e fan, raggiungendo il vertice delle classifiche al suo debutto sul mercato.
Lana Del Rey, pseudonimo di Elizabeth Wolridge Grant, aveva raggiunto la popolarità nel 2012 con l’album Born to Die. Ricordo che all’epoca in molti si interrogavano sul reale talento della cantautrice statunitense, domandandosi se il suo successo non fosse dovuto ad una mera operazione commerciale.
Lana mise a tacere queste insinuazioni dimostrando il suo valore nei dischi successivi e non c’è da stupirsi, quindi, di come Norman Fucking Rockwell! sia l’ennesima conferma delle qualità canore e compositive di questa artista.
Il disco è dedicato a Norman Rockwell, l’illustratore che meglio raffigurò il romantico sogno americano del ‘900, mostrando anche i difetti che si celavano dietro questo american dream, come le discriminazioni razziali e l’apartheid.
Perché Norman Fottuto Rockwell? Forse proprio per questo dualismo nelle sue illustrazioni. Per il suo aver messo in luce un’idea utopistica di quell’America a Stelle e Strisce tanto idealizzata, promuovendone i suoi valori, quanto per averne evidenziato contraddizioni e contrasti.
Quel fucking può indicare stima, ma anche disapprovazione e dissenso. Ed è così che nella title track troviamo la sofferta storia d’amore di una donna che conosce i lati negativi del proprio uomo, dal quale però non vuole separarsi.
Lana Del Rey ci ha abituati a questo masochismo, all’amore per il tormento, che viene cantato con grazia e raffinatezza.
Come Norman Rockwell raccontava il dolore causato dalla guerra, senza però mostrare sangue e violenza, così la Del Rey ci parla di sofferenza, celandola dietro a soffici melodie e una voce angelica.
I brani della bella Lana hanno sempre un ché di cinematografico, Mariners Apartment Complex sarebbe la soudtrack perfetta per la pubblicità di un profumo, Doin’ Time per lo spot di un noto marchio di gioielli.
How to Disappear rivela il lato triste e malinconico della cantante newyorkese, che diventa nostalgico in California, così come in Bartender, nella quale è facilmente rintracciabile il tema dell’alcolismo, problema di cui ha sofferto in gioventù.
Sono svariati i riferimenti in questo album, così come nei precedenti, ai mostri sacri del rock. In maniera più o meno diretta, la Del Rey ci rimanda alla musica degli anni ’60 e ’70.
Ed è così che The Greatest, di nome e di fatto il miglior brano di questo disco, ci trasporta in un’atmosfera beatlesiana, di un gusto e di una classe al giorno d’oggi difficili da trovare.
In un’industria discografica che ci sommerge di urlatrici e ballerine sculettanti, Lana Del Rey è una Cantante, un baluardo di femminilità sorretto da un talento puro e originale.
Gli ultimi articoli di Chiara Profili
- Best Of 2022 (le classifiche dei redattori) - December 30th, 2022
- Ed Sheeran: recensione di = (Equals) - November 3rd, 2021
- Paul McCartney: la recensione di McCartney III - December 13th, 2020
- Ozzy Osbourne: la recensione di Ordinary Man - February 21st, 2020
- Joe Bastianich: AKA Joe - November 12th, 2019