La Linea di Greta
L’amore ai Tempi del Default
(CD, Ottavo Peccato Records)
indie rock
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L’ingrediente segreto dei La Linea di Greta è quello di raccontarsi in un’atmosfera sonora trasformando i suoni in immagini attraverso canzoni di una esplicita forza comunicativa, con liriche elegiache, suoni noise su armonie lineari ed evocative. Dopo aver autoprodotto il debut album Cani di Banlieue, la band pubblica con la neonata Ottavo Peccato i dieci brani tratti da L’amore ai Tempi del Default, un concentrato di giorni rabbiosi e “maleodoranti”.
I toni musicali sono più soft rispetto ai testi di sdegno e di denuncia che pennellano decisi la delusione e la mestizia di una condizione che ormai non è solo figlia di un’economia devastante, ma di decenni di disincanto che i ragazzi, cresciuti come i Gretiani, hanno visto capitolare sulle loro teste nello smarrimento di chi cerca di superare “questa fottuta fase storica”, affacciandosi su un Paese che non regala nemmeno quello che è dovuto di diritto. Esondato, per l’appunto.
Il rimpianto e l’amarezza emergono fin dalle note di Viaggio al Termine della Notte che cita lo scrittore francese Louis Ferdinand Céline, arpeggiate dalle chitarre distorte dove vengono inserite serpentine magnetiche e stranianti che troviamo anche su In Bilico, cantata in coppia con Giulia Anania. Ecco che nel disco si parla di Rivolta 2.0, insieme a Militant A degli Assalti Frontali, il quale partecipa al video dell’omonima canzone, un’indignata accusa alla normalità con cui spesso assistiamo agli eventi che scuotono la nostra storia più recente.
Si parla di ricordi personali che vanno dall’amore sui divani all’amore per i genitori con abbracci incompiuti, come si parla delle domeniche delle Tv infestate dalle mariedifilippi e dai massimogiletti, dai demomorselli e le platinette delle peggiori trasmissioni, come si parla di zombi d’Italia annebbiati dalla pubblicità odierna.
Un disco nei contenuti anticipato già 15 anni fa dai Fluxus con quel Pura Lana Vergine violento e turbinoso, quando si cantava delle Lacrime di Sangue sul nostro Paese. Un ventennio fa eravamo risentiti da come ci stavano proponendo il futuro e ci dicevano di stare tranquilli. La Linea di Greta ci ricorda di quanto magnifici erano quegli anni 80 dei Troisi, Maradona, la new wave, cantando di quel Riccardo Fogli che uscì dai Pooh, un gigante con le sue “storie di tutti i giorni” da far impallidire quelle dei tronisti odierni che sfoderano in Tv come fossero vite segnate.
Oggi non siamo usciti a testa china da quegli anni ’90, non abbiamo ricette di salvezza montiane se non che “per fare più equa l’italia, che equitalia chiuda”! Così L’Estate di Greta è frutto di una determinata impulsività rock, e l’altro pezzo travolgente è la ferrettiana, in tutto e per tutto, San Giovanni, in cui consigliano al santone dei CSI di curarsi, giocando con le citazioni tipo “per sempre fedeli alla linea di Greta”.
Sonorità alla Diaframma, chiaroscuri inquieti, liriche taglienti.
Chiudono con Zombi d’Italia che ne deforma l’inno nazionale in un taglio drammatico sul BelPaese e la supplica dialettale di Terra ‘e Nisciuno, che richiama ai sovrani Normanni, Angioini, Aragonesi, Spagnoli, Borboni e Piemontesi che sono passati sulle nostre terre, cercando di seppellire la nostra identità. Loro ci raccontano un contemporaneo default con una discreta verve musicale e paiono piuttosto maturi nel farlo.
Ascolta L’Amore ai Tempi del Default (La Linea di Greta)
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