Kula Shaker
Pilgrim’s Progress
(Cd, Cooking Vinyl)
rock, psych, blues
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Al quarto album in quasi venti anni di carriera, i Kula Shaker la smettono di fare gli indiani.
Scherzi a parte, partiti nel calderone brit-pop, i Kula Shaker s’erano guadagnati una certa attenzione, almeno con i primi due dischi, mischiando grosse e grasse dosi di influenze anni ’70 con i misticismi indiani cari alla psichedelia dei ’60 (su tutte l’hit single Govinda). Qualche anabolizzante, per tenere sempre il ritmo alto e … il gioco era fatto, con tanto di successo nelle classifiche di mezzo mondo.
Ma il tempo, si sa, se a volte è galantuomo altre è un gran bastardo e col correre dell’età anche il sacro fuoco dell’irruenza s’affloscia. Già col disco precedente, quindi, ma anche e soprattutto col nuovo Pilgrim’s Progress, i Kula Shaker lasciano da parte sia le ambizioni da classifica sia, soprattutto, le tentazioni di rendere “pompata” la loro visione 2010 della musica, figlia della raggiunta maturità (vecchiaia?) e quindi maggiormente influenzata dal folk-blues venato di psichedelia, più che dal rock.
E via quindi a reminescenze dylaniane (Modern Blues), a influenze dai Kinks e dai Byrds, ai toni soul del brano che preferiamo di quest’album, Barbara Ella.
Pilgrim’s Progress non è affatto un brutto disco, anzi. E’ solo che si rivolge a un pubblico cresciuto (d’età) così come sono cresciuti i suoi autori, in cerca quindi del rispetto e delle suggestioni date dai classici più che dalla voglia di divertimento sfrenato e della mancanza di rispetto tipica della gioventù.
Forse il problema più grande della nuova fatica dei Kula Shaker non sono le canzoni, mediamente di livello e tutte più o meno piacevolmente ascoltabili, quanto l’immaginario che avevano scatenato ai loro esordi e di cui Pilgrim’s Progress è irrimediabilmente privo.
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