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KK Null, Israel Martinez, Lumen Lab: Terra Incognita

KK Null e i fratelli Martinez in terra Incognita gestiscono un cosmo tutto loro, un territorio ancestrale in cui rumore, vitalità asettiche e caos impellenti si danno appuntamento in un girotondo dai molti spigoli atmosferici

KK Null, Israel Martinez, Lumen Lab

Terra Incognita

(Aagoo)

ambient

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terra_incognitaSe credete che l’ambient (in tutte le sue ramificazioni) sia il non plus ultra dei confini delle dilatazioni musicali siete o confusi o di molto lontani dal concetto. Il “marziano nipponico” Kazuyuki Kishino in arte KK Null, sperimentatore e manipolatore estremo, e i fratelli Martinez (Israel e Diego aka Lumen Lab) danno vita ad un caos ben congegnato di rumorismo, follia, e nevrosi ossessiva che prende il nome di Terra Incognita, frontiera e presupposto di un disco che dall’inizio alla fine (quattro tracce) dà del tu ad un cortocircuito di trame psicho-esoteriche e scandagli cosmici che percorrono il sottopelle come una scarica di metedrina fulminante.

Hardcore effettato, spettralità investite da ventate poliritmiche, interferenze mantriche, palpitazioni improvvise e sintesi tribali di siderali “kaiku”, sono gli estremismi atmosferici in cui l’ep si rotola in un senso stilistico ibrido quanto improvvisato, una linea d’ascolto messa sotto peso di un loud industriale, dal quale se ne esce indenni solamente nel momento in cui si decide di spingere il tasto pause.

Registrato e “unito insieme” da session registrate sia a Tokio sia a Berlino, Terra Incognita è un virato sperimentale che sputa sensazioni e ingoia iconografie essenzialiste di stampo James Plotkin, Otomo Yoshihide, la neuronalità allargata di un Steve Albini o la capacità dei Boredoms, fino ad arrivare ad una apoteosi che – se messa in onda tramite cuffiette stereo – penetra e si comprime in una esperienza da novelli Lindbergh faccia a faccia con la sacralità dei grandi neri del cosmo.

In poche parole un “complotto sonoro” imbastito per sfondare il limite del massimalismo, uno di quei prodotti discografici nati non per rilasciare un qualcosa nell’aria, ma destabilizzare quell’aria stessa e nobilitarla nel suo multiforme amplesso casinistico, dove le parole non hanno senso vivere e dove invece le sfumature hard e metallurgiche vivono in relazione ad un Armageddon di field recording, disturbi e scariche di pura elettricità. In bocca al lupo!

 

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