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Joseph Parsons: The Field The Forest

Joseph Parsons viene da Philadelphia e per il suo nuovo lavoro sceglie una veste insolita: un doppio EP dal titolo The Field The Forest in cui mischia il classico cantautorato made in USA al rock condito di americana

Joseph Parsons

The Field The Forest

(Meer Music, Blue Rose Records)

folk, rock, americana


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joseph-parsons-the-field-the-forestL’uscita di un doppio EP è qualcosa che non si sente spesso. Joseph Parsons è un cantautore di Philadelphia ed ha optato per questa strana formula al momento di dare alle stampe il suo nuovo lavoro. Il titolo è The Field The Forest e le due facce della proposta sono presentate come opposte, in antitesi, eppure nascondono un legame che le tiene perfettamente insieme.

La necessità di dividere il progetto in due facce distinte nasce dalla volontà di valorizzare i due aspetti della scrittura di Parsons che sono cresciuti quasi autonomamente durante la composizione dei brani. The Field è il lato aperto all’esplorazione dei rapporti umani, infarcito di ballate in maggiore e romanticismo. The Forest è una ricerca introspettiva sulla mortalità, il conflitto, l’amore ed il tutto è reso con un piglio malinconico, cupo.

Due aspetti della stessa fase creativa, i due EP descrivono a tuttotondo il cantautore statunitense, da tempo di casa nel vecchio continente. In un certo senso The Field e The Forest si completano: il senso della melodia di Parsons fa da fil rouge e tiene insieme due bozzetti che mischiati tengono in piedi un disco strutturato secondo tutti i crismi del cantautorato tipicamente americano.

C’è John Coguar Mellencamp e c’è Bruce Springsteen. C’è Johnny Cash e ci sono i Wallflowers. Ci sono poi le influenze europee, specie nella seconda parte (Baying) e le cavalcate pop-rock (Shadowland). Ci sono i cliché (tanti) e ci sono le melodie appiccicose (notevoli).

I due EP sono talmente legati che messi in loop non si capisce quando finisce uno e quando ricomincia l’altro, merito di una tracklist studiata per accompagnare il passaggio da un’atmosfera all’altra con dei morbidi avvicinamenti (Horizon, Fragile Moon). Un disco da autostrada, un disco da highway. Un disco di americana, né più né meno, ma fatto bene.

 

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Antonio Serra
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