Joseph Arthur
Days of surrender
(Lonely Astronaut)
alt-folk
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Col suo van se ne va in giro alla ricerca forse di sè stesso, un mondo – il suo – folle e geniale, un errabondare ai limiti della coscienza, ai limiti del rock inteso come essenza poetica, Joseph Arthur, il cantautore più atipico e stravagante che l’America d’oggi abbia mai partorito, arriva col nuovo album, Day Of Surrender, disco della momentanea svolta surrealista, essenziale e nuda.
E di conseguenza disco solitario, pieno di domande e vuoto di risposte, un minimalismo mid-frikkettone che culla l’ascoltatore con deliri, melodie riverberate, disco di una manualità artistica casalinga, realizzato di notte, tra una luna spalancata e il buio come tendaggio sensuale, il panorama nel quale il musicista americano gode e si rotola innocentemente. Ballate I dont’ know the way, la pillola lisergica che gioca in Isolate, blues, un Dylan in segreto Hold a hand, il senso puro, naïf di un’anima spersa stretto in If you could I’d get you, Come back when you’re poor, danno all’artista dell’Ohio la forma “incompiuta” dell’esistenzialità, dei messaggi interiori lanciati attraverso lo spirito poetico. E lui ci crede eccome.
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