Joe Cocker
Hard Knocks
(Cd, Columbia)
blues
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La solita minestra riscaldata quella che ci presenta Joe Cocker in Hard Knocks, la solita grande produzione blues americana. Coretti sparsi a destra e a manca, trombe e fiati che fungono da elemento chiave dell’auto-celebrazione tipica del 90% della musica di largo “uso e consumo” americana.
Non è questo il caso di buttar giù una recensione critica, analitica, dove molti brani vengono presi in esame e per ciascuno di essi viene tirato fuori il meglio o il peggio, cercando particolarità nelle armonie, nella timbrica, nell’espressività del singolo autore o della band, nella eccellenza o meno dei testi. Qui si assiste, come già detto sopra, alla solita minestra riscaldata, e davvero ancora non mi capacito di come sia possibile assistere a questo eterno deja-vu dove l’autore di turno, trovata una formula vendibile, si limita esclusivamente a ripetere coattamente il già collaudato.
Non esiste infatti altra parola più adatta di “Kitsch”, nell’accezione che ad essa diede, e con tutto lo spessore della riflessione che ne scaturì dalla mente di Clement Greenberg, per parlare di un prodotto che percorre le stesse vie già percorse dai precedenti, senza nulla aggiungere o nulla togliere, senza mai virare altrove, senza mai esplorare, senza in una sola parola innovare e rinnovarsi.
E’ proprio con prodotti di questo genere, che a casa nostra trovano in autori come Vasco Rossi e Luciano Ligabue gli esponenti di maggior spicco, che quella che potrebbe essere arte scade inevitabilmente ad essere mera merce industriale, da consumare e gettare a consumo avvenuto.
Sono sempre dolente per quelle fette di pubblico che, non avendo colto l’enorme potenziale terapeutico nonché la vera e reale funzione dell’arte, credono di dover utilizzare musica, pittura, cinema ecc. come trastulli atti a riempire i vuoti esistenziali se non, nel migliore dei casi, accompagnare la quotidianità. Lancio dunque qui un appello: pretendete di più, pretendete di essere disattesi!!
Peccato, un punto in meno a favore dell’impegno dei veri artisti.
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