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Jester at Work: Magellano

Intriso di salsedine e petrolio, dopo una gestazione triennale, prende finalmente il largo Magellano, il secondo, splendido lavoro dell’autore pescarese Antonio Vitale

Jester at Work

Magellano

(Cd, Twelve Records)

folk, rock

[starreview tpl=16]

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Jester at Work- MagellanoSe fosse arrivato da un Paese lontano, magari da uno di quelli di area anglofona (come il nome e la lingua utilizzati lascerebbero intendere), meglio ancora se carico di polverose storie e suggestioni d’Oltreoceano, probabilmente Jester at Work avrebbe conquistato ben altro peso specifico nell’assopito, e provincialotto, circo musicale di casa nostra. Era il 2009, infatti, quando il suo album d’esordio Lo-fi Back To Tape, con quell’insolita mezcla di folk, sperimentalismo, rock e songwriting old style, impastata da una voce profonda come il peccato e registrata esclusivamente con l’ausilio di un multitracce a cassetta Fostex made in Japan, vide la luce, riscuotendo l’attenzione di pubblico e critica, sebbene senza riuscire ad oltrepassare il pur nobile recinto della scena underground.

Oggi, a distanza di tre anni da quell’esperienza, l’italiano anzi l’abruzzese anzi il pescarese (ora capite a cosa si alludeva in apertura?) Antonio Vitale è tornato at work per deliziarci con lo splendido Magellano, un lavoro se possibile ancora più intimo ed introspettivo, per certi aspetti quasi doloroso, intriso com’è di pensieri, salsedine e petrolio, essendo stato interamente concepito in una casa con vista sul porto canale della cittadina adriatica, ormai desolatamente destinato alla completa inattività causa cronico insabbiamento dei fondali.

Come per il navigatore a cui deve il suggestivo nome, è l’istinto del viaggio, l’ansia della scoperta, la voglia di conoscenza, il sottotesto che pervade ed anima le undici tracce di questo disco bellissimo e commovente; un silenzioso cammino all’interno di sé musicalmente sorretto dalle sonorità lievi come un soffio di vento della inseparabile chitarra acustica dello stesso Vitale (The Branch, Little Sad Song), da qualche giro di basso giustamente inquieto (Unsolved (Mistery) Misery), da cori e riverberi soffusi (Green Eyes) e da sporadici tamburi vellutati (Estaçion 14); nonché da un timbro vocale caldo e cavernoso (Deep Black Sea) capace allo stesso tempo di pacificare e fomentare l’animo dell’ascoltatore con la stessa identica intensità.

Una naturale attitudine lo-fi per un rock di affascinante matrice analogica, realizzato ancora una volta presso gli spazi e con il supporto della Twelve Records, una casa del suono e dell’utopia edificata nell’entroterra pescarese (a Tocco da Casauria, per la precisione) da Andrea Di Giambattista e Francesco Di Florio i quali, mossi esclusivamente dal fuoco sacro della passione, negli anni hanno avuto la forza e l’ardire di trasformare uno studio di registrazione in etichetta discografica, dando vita così ad un’altra di quelle storie (stra)ordinarie che solo la provincia meccanica sa regalare.

E a conferma che è proprio ai margini (dell’impero) che le cose (belle) accadono, dopo la presentazione ufficiale avvenuta lo scorso venerdì presso gli spazi living di Farmindustries, una stimolante fattoria creativa dove si coltivano idee, collaborazioni e progetti, Magellano è ora dunque pronto per partire alla conquista del proprio destino, imprigionando il cuore di chiunque voglia lasciarsi ammaliare dal racconto delle sue storie semplici eppure così autentiche e vibranti di sogni e di vita.


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