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Il Registratore: Tape Counter Reset

Il Registratore fa quello che per sua definizione dichiara. Il Sintetizzatore ne fa un'altra. Molte idee, tutte insieme, alle volte possono confondere

Il Registratore

Tape Counter Reset

(CD, Videoradio)

rock

[starreview tpl=16]

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Il Registratore- Tape Counter ResetIl Registratore è un progetto spiazzante. Almeno lo è per me. Spiazzante sotto vari aspetti. Il meno importante è il loro italianissimo nome che in realtà cela un’identità musicale anglofona. Il duo bresciano, composto dai fratelli Dan e Mario Martinazzi, amano molto la musica d’oltre manica e ne fanno man bassa, prendendo ispirazione da praticamente ogni genere e tipologia musicale esistente dagli anni ’70 in poi.

Lo spiazzante è che tutto questo materiale, tutte le canzoni che compongono Tape Counter Reset, risultano far parte di un oggetto non omogeneo, scoordinato. I primi due brani, molto buoni melodicamente, Middle Class Refugee e New Town, sono dei buoni esempi di pop elettronico con venature rock, sopratutto grazie agli interventi chitarristici. Poi, d’improvviso si entra nell’area prog-floydiana, di Lux del Alba (I e II), con variazioni alle volte stucchevoli, flauti crimsoniani, tutto abbastanza calibrato, ma senza un reale pathos che entusiasmi.

Ti sei appena abituato all’atmosfera che si rientra con Promenade, un mix tra synth e ZZTop bello ritmato e poi via di nuovo nel prog più intimista dal vago sapore sudamericano di Shades (I e II). Insomma, è un saliscendi di tempi e melodie che però non emoziona, sembrano quasi casuali, come se fossero stati scelti alla rinfusa tra tutto il repertorio del gruppo bresciano. Gli ultimi brani, sono forse i più omogenei e coerenti. Piacevoli all’ascolto ma non coinvolgenti, completamente slegati dai brani iniziali. Nota favorevole per la parte centrale di Back Home.

Tutto il disco è pervaso da una sorta di incompletezza che fa intuire un percorso ma non ne delinea il tracciato. Il fatto che l’inglese utilizzato non sia proprio perfetto, non aiuta.

Certo, avere molteplici fonti di ispirazione, senza mai plagiare sia ben inteso, è cosa buona. Va però compiuto un lavoro di sintesi, di elaborazione, di masticazione e digestione, per poi assimilare le sostanze e metabolizzarle per farle proprie, per crescere come individuo indipendente e ben formato. I suoni devono subire delle modifiche, devono evolvere, non basta suonarli in maniera strana o solo un po’ diversa.  Alla fine è un disco che si ascolta con piacere, ma sembra più una compilation di giovani emergenti che la seconda opera di un gruppo formato da anni.


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