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Il Gigante: La Rivolta del Perdente

Da Foligno arriva la rivolta rock de Il Gigante, cinque musicisti contro ogni tipo di adattamento perdente imposto dalla massa e dalle logiche commerciali musicali.

Il Gigante

La Rivolta del Perdente

(JAP Records)

alternative rock

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Il Gigante- La Rivolta del Perdente

A 35 km da Perugia c’è Foligno, cittadina di 50mila abitanti dove è di casa Il Gigante, quintetto umbro al debutto con La Rivolta del Perdente, una decina di brani di alternative rock ripieni di chitarre distorte. La band, emersa con il nome di Sluggish Tramps seguendo un progetto rock blues in lingua inglese, ha abbandonato qualche anno fa il suo stile originario a favore di un suono più roccioso supportato da un cantato in italiano.

Citavo Perugia per ricordare che lì sono nati i Fast Animals and Slow Kids e trovo delle affinità sonore tra queste due band, tant’è che Il Gigante gli ha scaldato il palco e non è un caso che abbiano vinto anche loro le selezioni umbre di Arezzo Wave. Questa regione del Centro Italia sta offrendo nuovi talenti musicali, merito anche di chi organizza da quelle parti festival per la musica emergente come “L’Umbria che Spacca”.

In questi quaranta minuti si canta l’affermazione dell’identità individuale nell’abbattimento dei muri di una società che esige la perfezione. Queste canzoni rabbiose invitano a non nascondere la propria umanità, a non sentirsi inadeguati di fronte alle etichette e ai conformismi. Il Gigante inizia a cantarcela con Allora Suona Tu, brano contro l’omologazione della musica nostrana, sempre più orientata ad acquisire consenso popolare per accappararsi followers, inchinandosi alle case discografiche che appiattiscono la creatività, bacchettando i gruppi alternativi con quel “voi dovreste essere più mainstream”.

Il grido di rabbia de Il Gigante è contro le persone come Charlie divisi a metà tra torto e ragione, con conflitti interiori, che si lasciano guidare dalle decisione altrui. Le canzoni di questo disco non sono sempre infuriate, costruite su basi stoner-blues impetuose come La Notte o con variazioni cadenzate come sentito in Che Sia la Fine, ma c’è spazio anche per l’emotività grazie ai racconti interiori di La Camicia Di Mio Padre e  Nagaraya.

La vibrante canzone che dà il titolo a questo loro primo lavoro riassume esattamente il nuovo corso intrapreso da questi cinque giovani musicisti, è un rock sanguigno, vivace, maturo, che possibilmente lascia intravedere una carriera musicale degna di nota, e fanno bene a raccontarci una realtà uniforme, con persone incapaci di reagire al presente (scusate il richiamo ai FASK), arrese, timorose di uscire fuori dagli schemi. Lo fanno con un sound distorto, forte, forse un po’ lineare e scontato su certi passaggi, ma all’indomani della kermesse sanremese mi fa enormemente piacere proporre questo gruppo come fatto con i Cara Calma, altra rivelazione di band non omologate. Avanti così.

 

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Luca Paisiello
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