Il Culto Della Tosse Grassa
TG2
(Cd, Autoproduzione)
indie rock
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Per recensire TG2, nuovo album de Il Culto Della Tosse Grassa, ci vorrebbero almeno dieci ascolti (non consecutivi) per capirne davvero qualcosa. E’ forse il prodotto musicale italiano più folle, anarchico, trash e politically uncorrect dell’anno. Titolo vinto per distacco.
Sembra una compilation di Blob, in cui migliaia di generi (letterari, musicali, televisivi) si uniscono in una feroce centrifuga che mischia tutto e offre un prodotto nuovo e unico. Immaginate Caparezza, Leone Di Lernia, musica dance causale, Gunther And The Sunshine Girls, i Gem Boy e qualunque altra cosa trash vi passi per la testa. I testi sono frutto del delirio più sfrenato, pensati e recitati in un flusso di coscienza incontrollato e irrefrenabile. Ogni canzone è una frustata di provocazione assoluta, sferrata con malcelata nonchalance e una mancanza di vergogna clamorosa. E’ “The Dark Side of Steve Urkel”, non ci sono altri paragoni che reggano.
TG2 è formato da 12 pezzi psichedelici, in cui spiccano titoli come Ti Apro il Culto, Sodomia!, Ritardo Mentale, Pezzi di Fiche, Barbara Bobulova. Tratto comune delle tracce è il campionamento con cui gli arrangiamenti sono stati creati, dettato dallo sguardo curioso e onnipresente dell’autore, capace di cogliere tutte le pieghe dei mezzi di informazione. Album elettronicamente perverso, TG2 entra sottopelle e rompe ogni resistenza da parte dell’ascoltatore lasciando brividi di sudore freddo correre lungo la schiena. Sicuramente un cd come ne potete trovare pochi negli scaffali dei negozi di musica, nel bene e nel male. Uno one man show degno di Halloween, tra bit malati e ritmi destinati a creare un gotico sgomento. Il fatto che Il Culto Della Tosse Grassa sia di Recanati, città natale di Leopardi, è il definitivo schiaffo alla decenza e alla vox populi: è l’incipit ideale per chi vuole rompere ogni ortodossia e lasciare che la musica parli per sè.
Tra le varie conseguenze, una in particolare. Potrebbe capitare di alzarsi come da un incubo e chiedersi: “E se avesse ragione lui?”. Dio non voglia.
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