I Barbari
Supernove Che Fanno Bang!
(Overbub)
stoner
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Dopo tre anni di assoluto silenzio, ritornano sul mercato con il loro secondo lavoro (Supernove Che Fanno Bang!) i mantovani I Barbari che piazzano un disco senza compromessi.
I nove brani possenti e violenti, che non fanno concessione alle melodie più semplici e immediate, sono un omaggio, neanche troppo velato, a quella che è ancora oggi la scena stoner.
Non è solo il mondo dei Kyuss e dei primi Queens Of The Stone Age ad essere preso in considerazione, visto che ci sono rimandi alla psichedelia e a qualcosa lontanamente legato ai primi Soundgarden.
Il cantato, rigorosamente in italiano, probabilmente avrebbe dovuto essere più legato al timbro vocale di gente come Chris Cornell per avere un impatto ancora più devastante, ma è altrettanto innegabile come Andrea Colcera ce la metta tutta per dare un tocco di originalità alla proposta musicale dei suoi compagni.
Ci sono momenti in cui si sfiora anche il blues più corrosivo (Ciò Che Non E’ Stato), mentre in altri si cerca l’impatto crudo e nudo (l’opener Solo) per creare immediatamente quella scintilla che serve per ammaliare l’ascoltatore.
Le chitarre sono sempre pesantissime e originano dei riff intelligenti. Ci sono brani anche veloci che ti lasciano sbattere il piede per terra, vedi Caduti Dalla Civiltà o Generazione Kebab che fanno capire come il gruppo sia in grado di variare i temi senza alcun problema.
L’aspetto che manca, però, è quello di creare delle canzoni che abbiano dei ritornelli o delle melodie che possano essere epocali. È inutile girarci intorno. Anche i Kyuss, che qui dentro sono visti come delle divinità, riuscivano a scrivere brani che avevano e portavano al loro interno quel senso della melodia che ha permesso agli stessi di scollinare dall’anonimato e di entrare dritti nella storia. Ai gruppi attuali tutto questo sembra non interessare più di tanto ed è un peccato, perché alla fine sembra che suonino in modo uguale e ripetitivo.
In Supernove Che Fanno Bang! ci sono moltissimi spunti interessanti, ma quello che tremendamente manca sono le melodie giuste che avrebbero dato ad ogni traccia un senso in più. Ciò non significa vendersi o essere commerciali, ma semplicemente provare ad essere ricordati anche tra dieci o venti anni.
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