Giorgio Canali e Rossofuoco
Perle per Porci
(Woodworm)
indie rock, canzone d’autore
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Il nuovo lavoro di Giorgio Canali, Perle per Porci, è un tributo a quella marea di buoni artisti che non hanno avuto tutta l’attenzione di pubblico e critica che avrebbero meritato e che trovano in questa riproposizione una nuova veste interpretativa da parte dell’anarchico musicista, che insieme ai Rossofuoco dà alle stampe un disco intimo e graffiante.
Sono canzoni che Giorgio ha amato e per certi versi anche invidiato perché piccoli capolavori che lui stesso avrebbe voluto scrivere, come nel caso di Lacrimogeni di Vasco Brondi che lui produsse con entusiasmo nel disco di esordio delle Luci della Centrale Elettrica. C’è Mi Vuoi Bene o No?, title track di uno dei dischi più belli di Angela Baraldi, straordinario talento e compagna artistica qualche anno fa di Zamboni nella tournee revival dei brani dei CCCP. Troviamo la riconoscibile Storie di Ieri di Francesco De Gregori e la ribelle F-104 di Eugenio Finardi, canzoni a cavallo tra il 75 e l’80 in pieno cantautorato impegnato.
Canali rivisita gruppi indie rock semisconosciuti ai più, a partire dai Santo Niente di Umberto Palazzo con Luna Viola, o L’Upo con la grintosa A.F.C. (Angelo Fausto Coppi), addirittura rispolvera un remoto Faust’O con la delicata e drammatica Buon Anno. Poi ci fa conoscere i romani Mary In June e vecchie band tra la new wave e l’avantgarde anni 80 come i Plasticost e i Frigidaire Tango, dando ai loro brani una sua interpretazione personale.
La canzone che personalmente mi ha rapito è Tutto è Così Semplice, autore un certo Emme (Michele) Stefani in arte Macrameo, balllata piuttosto lineare e misurata sulle ottave, ricca di sguardi sul domani e sentimento sull’odierno, che avrebbe trovato bene posto in Tutti Contro Tutti o Nostra Signora della Dinamite, perché no?
Una raccolta molto personale di Giorgio Canali, accompagnato dalla sua band, che ci fa scoprire alcuni artisti che ignoravamo o canzoni che ora, attraverso la sua voce e le chitarre distorte, sembrano immensamente più toccanti e più belle delle originali. E ci fa ancora di più comprendere come in questo Paese certi musicisti meritino più visibilità: l’amarezza è che poi i Talent Show quella osano pure chiamarla “musica”.
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