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Gazpacho: Missa Atropos

La art rock band norvegese Gazpacho torna sulle scene con un nuovo interessante concept album, intitolato Missa Atropos, destinato a conquistare e allargare la propria fan-base

Gazpacho
Missa Atropos

(CD, Kscope)
Art-rock

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gazpacho-missa atroposLa art rock band norvegese Gazpacho torna sulle scene con un nuovo interessante concept album, intitolato Missa Atropos, destinato a conquistare e allargare la propria fan-base.

L’originale impasto sonoro della band, da sempre abile a interpretare in modo personale gli stilemi prog-rock assieme alle influenze più disparate, folk, ambient, classiche, e che gli è valso paragoni con illustri realtà come Marillion, Radiohead, Porcupine tree, si ritrova in quest’ultimo lavoro ancor più ampliato da una tendenza all’introspezione e a un mood certamente più cupo che in passato, frutto del tema che il gruppo ha scelto di esplorare.

Missa Atropos, edito da Kscope records, è infatti un concept album che racconta la storia di un uomo che ha scelto di tagliare tutti i legami attorno a se, e vivere isolato in un faro, per dedicarsi alla composizione di una messa solenne per Atropos, dea greca che fra le tre Parche ha il compito di tagliare il filo che rappresenta la vita.

L’atmosfera plumbea e meditativa dell’album richiama un senso di solitudine, comprensibile laddove si legga il titolo missatropos, come forte assonanza con misantropo.

I temi della morte, della paura e dell’isolamento sono sviluppati musicalmente grazie a composizioni dalle tonalità umbratili, omogenee come intonazioni ma piuttosto difformi come sviluppo. Si va infatti da brani più incentrati sulle chitarre (Defense Mechanism, Snail, She´s Awake), a composizioni più libere e aperte, basate su tappeti sonori quasi ambient (la tripartita Mass for Atropos, che rappresenta i tentativi del protagonista di scrivere la musica che si è prefissato).

Date le sue caratteristiche di opera unitaria, con un suo svolgimento, il lavoro in questione è meglio assimilabile nella sua interezza, sebbene anche le canzoni prese singolarmente siano apprezzabili artisticamente, come, ad esempio le articolate Missa Atropos, vero centro e nucleo dell’album, e Splendid Isolation, suite conclusiva che fa da collettore emozionale delle tematiche presentate.

La performance della band è come sempre valida, soprattutto a livello strumentale, con le chitarre di Jon-Arne Vilbo in grande spolvero, e un grande spazio all’abile lavoro di Thomas Andersen (keyboards, programming, produzione). L’unico appunto è rivolto alla voce di Jan-Henrik Ohme, forse troppo monocorde per esprimere il pathos sotteso a questa narrazione, e mancante della necessaria incisività nelle linee melodiche.

A parte questa considerazione di gusto personale, i Gazpacho ci consegnano un album davvero interessante, complesso e completo, forse anche il più personale della propria valida discografia, un album che dunque non mancherà di suscitare la meritata attenzione del pubblico rock, in favore anche dell’estrema varietà e appetibilità stilistica che rappresenta.

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