Garbo
La Moda
(Cd, Discipline)
pop d’autore
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Tornano le raffinate atmosfere e il pop autorale di Garbo, stavolta alle prese con La Moda come metafora dell’omologazione e della spersonalizzazione che secondo il nostro Renato Abate impera e impazza ai giorni nostri.
In La Moda Garbo firma quasi tutto a quattro mani col fido Luca Urbani (ex Soerba e con cui divide la Discipline Records, insieme a Alberto Styloo, anche lui coinvolto nell’etichetta discografica e che lascia alcune tracce nelle composizioni di quest’album), ma diversamente dal recente passato i suoni di quest’album non sono (necessariamente) electropop, bensì c’è un ritorno in grande spolvero delle chitarre ultra-effettate che già avevano caratterizato Grandi Giorni.
Nella title track, un brano che è una vera e propria bomba ad orologeria e che potrebbe riportar Garbo all’attenzione del mainstream, se solo lui volesse, ne La Moda – dicevamo – non c’è solo la summa contenutistica ed estetica di quest’album, ma anche il piacevole intervento al sax di Andy (ex Bluevertigo e ormai ribattezzatosi Fluon).
Sexy è un’altra delle perle di questo disco. Garbo riprende a dare un tocco alla Bowie alla sua voce, quella caldissima e pregna di mille sigarette, quella che immagino alle orecchie di una donna possa suonare davvero come sexy, appunto.
Quando Cammino e Gira in Continuazione erano due dei tre inediti de L’Altra Zona, il mega-cofanetto celebrativo dello scorso anno; qui sono in una versione diversa ma non troppo. Quando Cammino non mi convinceva allora e anche qui ritengo sia l’episodio più debulo di un album altrimenti perfetto. Gira in Continuazione, invece, è Garbo allo stato puro, per i suoi contenuti e per la sua forma elegante, ma con sempre in agguato zampate sonore mai invasive.
Il resto dell’album sono tutte vere e proprie gemme, compresa la lunga Architettura MIG, un brano strumentale ad eccezione di una poesia magistralmente recitata da Elisabetta Fadini.
La Moda è la conferma che Renato Abate (questo il vero nome di Garbo) si trova in stato di grazia nonostante sia arrivato all’undicesimo album. Con lui si ripropone una vecchia questione: negli anni dell’università il compianto Mario Verdone (papà di Carlo nonché il più eminente storico italiano del cinema) spiegando Fellini ci diceva: Federico Fellini fa sempre lo stesso film o ha una cifra stilistica talmente forte e riconoscibile da rivestire completamente ogni suo lavoro? Con Garbo la questione è squisitamente la stessa: cambiare sempre, ad ogni disco, pur rimanendo sempre riconoscibili e uguali a sé stessi. Prendere o lasciare. E noi prendiamo e ne godiamo, avendo come unico rammarico la scarsa attività live di Garbo.
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