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Gaben: Vado

Gaben suona il basso da vent'anni con gente di lusso come Mauro Ermanno Giovanardi e Cristina Donà, fa anche il disegnatore e Vado è il suo secondo lavoro da solista dove il suo cantautorato nervoso dà bella mostra di sé

Gaben

Vado

(Vina Records)

indie, pop


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gaben_VadoAll’anagrafe è Alessandro Gabini, ma il suo nome d’arte è Gaben. Da poco è uscito per Vina Records il suo secondo lavoro solista dal titolo Vado. Il disco, composto da undici tracce smaccatamente alternative rock con qualche intarsio di elettronica mai invadente, è stato registrato tra Pescara e Milano e si avvale di una serie di collaborazioni di tutto rispetto che riflettono il percorso artistico portato avanti da Gaben nei suoi oltre vent’anni di carriera artistica, divisa tra musica e disegno.

Il curriculum del Gaben bassista è altisonante: dall’esordio con i Giuliodorme alle collaborazioni con Mauro Ermanno Giovanardi, Cristina Donà, Francesca Lago, Violante Placido per la quale ha prodotto anche un disco.

L’esperienza di Gabini traspare vivida dalle tracce di questo nuovo lavoro. Ogni suono è calibrato alla perfezione, ogni brano è costruito cesellando struttura e contrappunti. La scrittura dà bella mostra di sé dando vita ad un album molto pensato, ragionato, progettato con professionalità e competenza. Probabilmente tutto questo va leggermente a scapito della spontaneità e di quella dose di improvvisazione e di imprevisto che caratterizzano solitamente le produzioni alternative, dando ad esse freschezza ed immediatezza.

Va detto che il tutti i brani, ed in particolar modo in episodi come Slegati (scritta proprio con Violante Placido) o Le Persone (il brano del lotto che a me è piaciuto di più), il risultato è godevolissimo ed orecchiabile e meno “perfettino” di quanto sembrerebbe ad un primo ascolto. Altri momenti (Programmazione e la suo lunga coda finale, Astensione con il suo testo intricato) sembrano meno a fuoco e danno la sensazione di un eccessivo manierismo, tuttavia sempre molto fruibili e mai eccessivamente pesanti all’ascolto.

Il disco nel suo complesso fila liscio come l’olio nonostante le contaminazioni electro in brani come Superficie o la title-track Vado lascino di primo acchito un po’ straniati in relazione al resto della produzione proposta. Gaben ha fatto un disco con la libertà che si può permettere solo uno che può contare su una personale duttilità sostenuta da un’esperienza come la sua. Arrivati in fondo alla tracklist la sensazione è quella che Gaben si senta o si riconosca di più nella figura di un cantautore alternativo e sghembo che in quella di un rocker, ed il risultato non dispiace affatto.

 

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Antonio Serra
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