Fenster
The Pink Caves
(Morr Music)
alternative pop rock, rock elettronico, psichedelia
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Difficile leggere un titolo come The Pink Caves senza rivolgere il pensiero ad atmosfere dai colori psichedelici e un po’ vintage; e infatti, all’ascolto, il secondo album dei Fenster non delude le aspettative: luci, ombre, colori e momenti onirici costituiscono un mondo che ben ruota intorno ad un sound che si muove tra l’originale e un “già sentito” che non stanca.
L’apertura del disco, Better Days, si muove, come suggerisce il titolo, con un andamento malinconico ma pieno di speranza, è una marcia piena di effetti psichedelici essenziali che a tratti rimandano ad alcune sonorità di Bjork; si tratta di un brano con semplice funzione introduttiva, attraverso il quale i Fenster sembrano voler dare un assaggio del sound che hanno intenzione di proporre, anche se questo compito è stato svolto sicuramente in maniera migliore nella seconda traccia, Sunday Owls, introdotta da una chitarra piena di tremolo: un ambient fortemente psichedelico fa piombare in una stanza con luci soffuse in cui l’ascolto si consuma lentamente e placidamente. The Walls riprende lo stesso discorso in maniera più acustica ed orecchiabile. Il misto di Rock-pop, sintetizzatori e vocalità fortemente espressive prende sempre più piede, soprattutto nella successiva Cat Emperor i cui rimandi, suggeriti soprattutto dall’interpretazione vocale e dall’intermezzo strumentale, portano la mente in qualche locale clandestino della San Francisco degli anni ’60.
Melodie sognanti e tappeti sonori soffici come nuvole di fumo, ben creati da un sapiente alternarsi di chiavi maggiori e minori, rendono True Love il pezzo, sinora, più degno di nota, mentre la successiva The Light, nella quale appare a sorpresa una voce maschile molto bassa e retrò, parte come un possibile omaggio ai Jefferson Airplane, ma si tiene in costante tensione in una atmosfera dark piuttosto intrigante, una sorta di veglia funebre elettronica; Mirrors invece sembra voler concedere una ventata di aria silvestre e fiabesca, senza però perdere il sound più oscuro e tenebroso nel quale il gruppo sembra aver deciso di avventurarsi.
Fireflies è un breve e curioso interludio ricco di pathos e di richiami a suoni naturalistici (alcuni sembrano rimandare ai tuoni che precedono il temporale); toni bassi e oscuri sembrano aver preso ormai il sopravvento, come conferma anche la successiva On Repeat.
Con Hit & Run la band torna invece a riproporre dei sapori più anni ’60, anche grazie ad un notevole lavoro svolto dalla coppia di voci, mentre con 1982 sembra di tornare alle atmosfere malinconiche delle prime tracce.
La chiusura dell’album è affidata a Creatures, miglior pezzo dell’album, che mescola decisamente bene le diverse atmosfere proposte sinora: una conclusione degna di nota nella quale il sogno e l’abisso che si sono rincorsi nel corso di questi 40 minuti sembrano aver trovato una loro armonia.
Un solo appunto avrei da fare a questo disco: ogni tanto la band si perde un po’ troppo nei propri cliché, proponendo troppo spesso dei momenti che, separatamente, sono molto efficaci. In ogni caso, nonostante non sia un disco da ascoltare tutti i giorni, The Pink Caves scorre piacevolmente, soprattutto grazie al lavoro di musicisti che sanno fare il loro lavoro dignitosamente e senza strafare
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