Federico Braschi
Tra le Nuvole e l’Asfalto
(CD, Cosabeat/Goodfellas)
pop, rock
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Alle volte non è facile essere sinceri. Ed essere sinceri non significa essere cattivi.
Tra le Nuvole e l’Asfalto non è un disco esaltante: è noiosetto, pieno di luoghi comuni, di suoni comuni, usati e strausati, il cielo e la pioggia d’Irlanda, Cuba, la birra, i pub, De Andrè come testimone, accenni a Guccini.
Insomma, Federico Braschi sembra voler dire, “ho 18 anni ma ascolto musica da grandi”. Il disco è suonato bene, e ci credo, c’è un gruppo di musicisti che molti vorrebbero con se per il loro primo disco: membri dei Gang, dei Modena City Ramblers e Massimiliano Larocca, fallo anche suonare storto!
Un disco suonato e scritto con passione che però si rivela acerbo. Perché acerbo è l’autore. Versi che fanno sorridere bonariamente, con affetto.
Ma attenzione, il disco non è brutto. Ogni canzone parte bene, e ci vuole un po’ per capire che c’è il freno a mano tirato, il freno dei testi che dopo un po’, sinceramente, tediano.
Una canzone è fatta di suoni e parole, non dico niente di nuovo. I suoni, anche se sembrano eco del passato, sono buoni. Le parole, ed un po’ anche le tematiche, sono farraginose, come ingranaggi poco oliati, ma non perché vecchi, al contrario, perché troppo nuovi, in fase di rodaggio.
Ed allora avanti con il rodaggio e vediamo di rendere il motore più elastico.
L’ho pensato e quindi lo scrivo: in inglese, scritto bene, le canzoni farebbero la loro bella figura.
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