Fase39
Elettroscopia
(Autoproduzione)
electro
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Vogliamo dire un cerchio che si chiude? Potremmo benissimo e banalmente riassumere con queste parole Elettroscopia, il debutto in dieci tracce del quintetto piemontese Fase39, band che dell’electro di matrice wave ne fa una carta d’identità personalissima, anni ’80 a go go che coreografano una tracklist dai colori grigio flou.
È un disco che si guarda le spalle, raccoglie e rilancia suggestioni di una epoca splendidamente retrò, ma è pure un ascolto che rileva cose “rimasticate a iosa”, quel rinvigorire una ripetitività – congegnata ad hoc intendiamoci – che però che ha dato già i suoi frutti, le sue pulsioni, quella incredibile facilità a far ballare gioiosamente su tematiche tristagnole, cupe e avvolte da una foschia fintanto che – quella foschia – è diventata un must generazionale.
Con questo non è che ci sia nulla da “rottamare”, un lavoro ottimamente arrangiato, perfetto per ricordi mai sopiti e zeppo di tutta quell’energia fumosa che rimane – ed è – testimonianza attiva ed elettrificata, magari versato più per cultori che per le nuove tribù modaiole, ma comunque un disco che ha la sua vitalità, il suo impatto stabile anche dopo ripetuti ascolti.
Pescando random le arie stratificate di Il mondo a metà, il clima nebbioso che avvolge Torino magica, la dance stroboscopica Big man e la solennità shuffle alla Bluvertigo che alberga in Apocalittica, tracce che possono bastare per indirizzare l’orecchio nel mondo sonoro dei Fase 39, un mondo sonoro che ancora fa scuola anche se datato, esaurito.
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