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Eryn: Lady E

Lady E è il nuovo EP di Eryn, eclettica soul singer americana, con i featuring di David Bryan dei Bon Jovi e Matt O’Ree

Eryn

Lady E

soul

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Eryn_LadyE​Il nuovo EP di Eryn si intitola Lady E e lei ne va, comprensibilmente, molto fiera.

​Ci incontriamo una sera di aprile in un ristorante di Red Bank e con lei c’è anche suo marito Matt (del quale abbiamo già parlato qui su Rockshock sia per l’album Brotherhood della sua Matt O’Ree Band, sia per i suoi trascorsi come chitarrista nei Bon Jovi).

Il posto è fichissimo, due piani affollatissimi di gente e un rooftop piuttosto intimo dove possiamo goderci le note di un duo acustico particolarmente ispirato. Così, mentre affogo in un piatto di noodles e calamari fritti piccanti, con la mia italianissima amica Gloria le canticchiamo tutte. Neanche il tempo di finire la prima birra (che poi sarebbe la terza se iniziamo a contare dall’aperitivo) che Matt e Eryn si sono già alzati e, imbracciati chitarra e microfono, ci stanno dedicando un brano. Cheers! Anche la cameriera con le braccia tatuate è molto rock –diciamo così va…- e allora continuo a ordinare cose compulsivamente.

Si siede con noi Scott (il chitarrista del duo acustico, con cui avevamo cenato qualche sera prima a Newark insieme ad altri amici comuni, anche loro musicisti!) e ci raggiunge anche Dave, che un paio di giorni dopo canterà nell’intervallo della partita dei New Jersey Devils al Prudential Center.

Qui tutti suonano, è incredibile. La musica si respira ovunque, anche nel parcheggio dove esco a prendere una boccata d’aria. Conosciamo questi ragazzi da pochi giorni ma per stasera ci sentiamo parte della crew. E’ difficile spiegare la magia che c’è nell’aria, le note ci inondano e questa convivialità che da noi in Italia è sconosciuta ci riporta sul pianeta Terra. Un’altra birra bellezza!

Ecco, è questo il contesto in cui è cresciuta Eryn e in cui la sua musica ha preso forma. C’è spazio per tutti i generi e per tutte le contaminazioni, ‘sali su questo palco e facci vedere cosa sai fare’ è probabilmente l’unico mantra qui nello Stato Giardino.

Eryn ha una voce incredibile, sembra nata nel posto giusto ma col colore della pelle sbagliato. La osservo e continuo a pensare al contrasto tra la quasi timidezza della sua voce mentre chiacchieriamo del più e del meno e la forza dirompente che sa scaraventare nel microfono. Pian piano si scioglie e, mentre chiudiamo la serata in un pub lì vicino, si è ormai lasciata andare scoprendo una personalità piacevole e sempre pronta a ridere. Ci salutiamo con un invito. La sera successiva, al Wonder Bar di Asbury Park, ci saranno le riprese del video del primo singolo, Hallelujah You’re Gone, e io e Gloria ne faremo parte come comparse.

E proprio questo primo pezzo, che ci gustiamo in anteprima tra un ciak e l’altro, ci mette se possibile di ancora maggior buon umore con il suo mood gospel che fa ballare anche un marmo come me. “I wake up in the morning and I thank my lucky stars, Jupiter shines a lot through Venus and Mars”. Eryn è splendida, con il suo vestitino leopardato e l’acconciatura boccolosa sembra una divissima degli anni ’50. E, visto che io e Gloria ci siamo comprati due t-shirt identiche con lo sketch dell’unico frutto dell’amor di Andy Warhol, tiriamo un sospiro di sollievo nel vedere che il video non ha i titoli di coda, nei quali certamente saremmo stati accreditati come “Italians with bananas”…

A parte gli scherzi, il pezzo è forte e, lo dico subito, è il mio preferito.

Anche se, a seguire, c’è The You Missing From Me, una ballad epica scritta e suonata da David Bryan, tastierista fondatore dei Bon Jovi. L’arrangiamento, giustamente semplice, si lascia cavalcare da una melodia interpretata con una profondità incredibile che deflagra in tutta casa e, ancora una volta, fatico a credere che quella sia la stessa ragazza che ha autografato il CD che sta girando nel mio stereo.

Just Jump è un pezzo dance che mantiene, grazie ai fiati e a dei magnifici backing vocals, quel sapore soul che, insieme alla successiva Stranger In My House, ci consente di sbirciare un pochino di più nell’anima di questa artista. Sono infatti gli unici due pezzi che Eryn ha co-scritto.

Chiudono Our Love Won’t Die e Running Red Lights, altri due brani travolgenti che vi faranno ancheggiare, battere le mani e vi lasceranno affamati di nuova musica. Già, perché se questo EP ha un difetto, è proprio quello di essere un EP.

Per chi è amante dei paragoni diciamo che i 6 brani di Lady E potrebbero essere la colonna sonora di The Bodyguard o di Sister Act.

In questi tempi di musica da TV che noi 40enni non capiremo mai, in cui la fabbrica di plastica è morta ma paradossalmente si ripropone più viva che mai celata sotto diverse sembianze pur sempre sorridenti, ogni tanto nel cemento spunta un fiore selvatico ed è quasi un peccato coglierlo ma sarebbe un peccato ancor più grave non farlo.

Eryn non segue la tendenza e non si piega al compromesso. Anzi sembra una star fuori dal suo tempo, sia nell’immagine che nel prodotto artistico che propone, pur avendo quella giusta dose di modernità che la rende contemporanea ma senza la smania di piacere a tutti i costi.
Una nota, infine, alla foto di copertina di Estelle Massry che, in uno scatto apparentemente semplice ma estremamente sapiente, ha saputo catturare quel mix di semplicità ed eccesso che caratterizza Eryn.

E la cameriera bellissima direte voi? Eh, dopo 7 birre, sono tornato in hotel e mi sono addormentato vestito. Buon per il mio matrimonio, Hallelujah… she’s gone!

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