Encode
Core
(Cd, Ghost Records)
psichedelia
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Tanti cambi di formazione e l’ultimo lavoro datato ormai 2003. Otto anni di attesa ci hanno regalato un lavoro eccezionale come Core e il ritorno degli Encode in grande stile.
Lo sterile scetticisimo e i luoghi comuni che da sempre accompagnano i gruppi italiani che cantano in lingua inglese e secondo i quali alcuni “generi” siano appannaggio esclusivamente dalle band straniere vengono demoliti canzone dopo canzone da un gruppo che potrebbe facilmente competere con realtà estere ben più titolate. Gli Encode fanno la voce grossa, senza urlare. Convinzione e padronanza sono i primi due pilastri dai quali partire.
Se riuscirete a dimenticare le origini del gruppo (per quelli di voi che si attaccano a questi dati) scoprirete un collettivo pronto ad essere coccolato e idolatrato, fosse solo per le indiscutibili qualità che mostra in questo piccolo capolavoro.
In poco più di dieci minuti, con le prime due canzoni The Flag e My Season Will Still Suck riescono a lasciare tracce significative nella mia mente, una sorpresa scoprirli. Psichedelia elettrica e linee melodiche dolci sono gli ingredienti base della ricetta Encode, con la voce di Max Martinenghi che regala nuova vitalità al sound. Senza mai esagerare riescono a condurre le canzoni in luoghi lontani e ad alzare notevolmente i picchi emozionali del disco: Six Days riporta alla mente il post-rock americano degli Slint (fonte d’ispirazione dichiarata apertamente) e i migliori Sonic Youth, sale il tasso emozionale quando rallentano su Reckoning. Magici quando rallentano, affascinanti quando si addentrano in territori più sinistri: stupisce l’incubo acido di Reset e tornano alla mente i Mercury Rev nella grottesca Frost Killed most of the sense.
Core mi ha sorpreso per la maturità degli Encode, band che meriterebbe ben altre attenzioni dalla scena italiana. Un piacere ascoltarli e una fortuna averceli in casa. Personalmente non vedo l’ora di vederli dal vivo.
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