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Editors: Violence

Tornano gli Editors con il sesto lavoro Violence, la produzione più ispirata dai tempi di An End Has A Start: è disarmante la facilità con cui in queste canzoni la band riesca a parlare di un mondo alla deriva, trasmettendo messaggi di speranza invece che di chiusura

Editors

Violence

(Play It Again Sam)

synthpop, Electro-rock, Dark Wave, Industrial

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recensione editors violenceA tre anni dal precedente In Dream, gli Editors sfornano un eccellente lavoro che si presenta come l’ideale evoluzione che ha avuto la band dal terzo album, nonché la loro produzione più ispirata dai tempi di An End Has A Start, il nuovo album Violence.

Si inizia con l’elettronica minimale di Cold, brano che cresce pian piano e si candida a diventare uno dei tanti anthems a cui gli Editors ci hanno abituati nel corso degli anni.

Hallelujah (So Low), secondo singolo estratto sembra sulla stessa linea, ma esplode con sonorità industrial che ricordano i Muse più elettronici.

Cassa dritta e suoni IDM alla Jon Hopkins o Caribou (tanto per citarne un paio) permeano Violence, title track dell’album; cavalcata electro-rock che si ferma di colpo dopo 4 minuti circa per poi ripartire con 2 minuti di tappeti elettronici che probabilmente porteranno al tripudio in dimensione live.

Darkness At The Door è una delle probabili aspiranti quale prossimo singolo. Sicuramente il pezzo più rock dell’intero lavoro, con un ritornello che non esce più dalla testa. Nessuno si aspetti però similitudini coi suoni degli esordi.

Tornano atmosfere cupe e quasi claustrofobiche in Nothingness, brano che alterna un sound dark ad atmosfere che strizzano l’occhio alla dance, per poi concludere con chitarre graffianti su base techno. A seguire, il primo estratto dall’album, Magazine, vera e propria hit da arena che ha tutte le potenzialità commerciali per attrarre anche nuovi fans.

Con No Sound But The Wind, ballad piano e voce esistente ormai da un decennio in diverse versioni, si ha come l’idea di un distacco e una caduta in una dimensione drammatica in cui la voce di Tom porta alla commozione.

Resta in una dimensione cupa anche la seguente Counting Spooks, probabilmente l’episodio più affine ai lavori degli esordi, intrisa di sonorità dark e claustrofobiche, molto affini ai Cure di fine anni ‘80.

Con Belong, si chiude in maniera ipnotica e magica la versione standard di questo Violence.

In versione deluxe, l’album è impreziosito da The Pulse, imperdibile electro-rock alla Depeche Mode, e When We Were Angels.

E’ disarmante la facilità con cui in queste canzoni la band riesca a parlare di un mondo alla deriva, di solitudine, di smarrimento, in una maniera così energica, trasmettendo messaggi di speranza invece che di chiusura. Un grandissimo lavoro che sicuramente dividerà i giudizi, ma allo stesso tempo consacrerà definitivamente Tom Smith e soci.

 

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Fabio Busi
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