Diaframma
Preso nel vortice
(Diaframma Records)
alt-rock, rock d’autore
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Negli ultimi 30 anni i Diaframma sono stati una delle band simbolo del rock alternativo italiano e Federico Fiumani il padre putativo di molti cantautori contemporanei. Passato indenne attraverso cambi di formazione e nascere e morire di generi musicali, non resta che lui della formazione originale targata 1980, che di quell’epoca ormai conserva solo il nome. Dopo la ristampa in formato deluxe di Siberia, LP d’esordio, esce un nuovo disco, a sancire la prolificità del cantautore fiorentino e attestarne l’ormai innegabile talento compositivo.
Preso nel vortice è forse meno impetuoso e aggressivo rispetto al passato, ma non per questo meno vario e articolato. Anzi. Grazie a un nutrito parterre di ospiti, e soprattutto al valido contributo di Enrico Gabrielli, polistrumentista al servizio dei maggiori gruppi della scena nostrana, l’album risulta musicalmente variegato, sebbene condotto da un fil rouge concettuale declinabile nel classico trittico “sesso, droga e rock’n’roll” e nell’ancor più intramontabile tematica dell’amore e delle storie finite. A chiudere il cerchio, il passato che non ci abbandona mai: il ricordo dei gruppi che hanno scandito un’epoca e gettato le basi delle sonorità dei Diaframma (Il suono che non c’è) e la nostalgia per una fase della vita (Ho fondato un gruppo).
Rock screziato di tinte folk (L’uomo di sfiducia), ska (Il suono che non c’è) ed elettro-dark (Infelicità), brani apparentemente classici nell’impostazione vengono sconvolti dal sax di Gabrielli e dalle tastiere di Gianluca de Rubertis (Il Genio). Max Collini degli Offlaga Disco Pax (Ho fondato un gruppo) fa da ponte tra il presente e un passato incarnato dalle voci di Marcello Michelotti (Neon) e Alex Spalck (Pankow). Tredici tracce forse non tutte destinate a lasciare il segno nella storia della musica italiana, ma fortemente rappresentative dello stile lirico di Federico Fiumani dei Diaframma, sempre pronto a dipingere con occhio estremamente lucido e ironico la decadenza della quotidianità.
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