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Devocka: La Morte Del Sole

La band ferrarese dei Devocka torna, ma più oscura, distorta e intimistica di prima; i Devocka tornano, è vero, ma non proprio alla "luce del sole"

Devocka

La Morte Del Sole

(Cd, I dischi del Minollo)

post-rock, new-wave, rock

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Devocka La Morte Del SoleQuando quattro musicisti scelgono per il proprio gruppo il nome Devocka è lecito dipingerseli mentalmente come una squadra di drughi efferati, avendo loro stessi mutuato il termine dall’opera letteraria e cinematografica Arancia Meccanica. Quale stupore nello scoprirli, oltre che tenebrosi, terribilmente decadenti. Forse più disillusi che incattiviti.

La Morte Del Sole è molto più del titolo di questo terzo parto discografico, è piuttosto una scelta simbolica che sta a significare una svolta musicale decisiva, imperniata su una deriva più marcatamente crepuscolare rispetto ai precedenti Non sento Quasi Più (2006) e Perché Sorridere!? (2009). E infatti la tracklist ci dischiude una peripezia convulsa e appassionata verso la fine, verso una conclusione in grande stile.

Il disco si snoda però anche emotivamente in alti e bassi, assecondando un pendolo oscillante tra chitarre e ritmi di batteria soffici e inserti di basso sibilanti, venature dal sapore romantico, e una modulazione vocale sempre al confine tra malinconia e rabbia isterica, che sgorga autentica ed espressiva anche nei suoi momenti distorti. L’accavallarsi delle due anime dell’album genera linee melodiche sempre pronte a mutare forma, cogliendo di sorpresa chi ascolta. Emblematico di tale stile è l’intrecciarsi tra atmosfere alternativamente soffuse e rumoristiche di Ultimo istante.

Non c’è spiraglio né via di fuga, ma c’è spazio per qualche scorcio di passato, carico di ricordi buoni e cattivi, che pesano su un presente dal suono opprimente, rabbioso. E poi ci sono le parole urlate, ultima forma di sfogo consona a un disagio che si materializza ad ogni nota. Un pregio o una disgrazia di queste tracce sonore è che, in misura diversa, sanno aprirsi in varco, non lasciando indifferenti. E una breccia è già un passo oltre quel muro di tristezza dal retrogusto post-punk.

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Delia Bevilacqua
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